sabato 27 aprile 2013

L'ignoranza è la peggior forma di violenza


Molti di voi avranno già appreso dai giornali e seguito la vicenda che è stata portata all'attenzione generale grazie ad un articolo su La Stampa firmato da Gianluca Nicoletti. Per la prima volta un episodio così grave è uscito dal ristretto e poco illuminato ambito del mondo della disabilità, per diventare oggetto di riflessione per tutti e forse si è dato l'avvio a quella presa di coscienza collettiva che tutti noi genitori in testa al corteo di quanti reclamano e si battono per i diritti delle persone con disabilità, chiedono da sempre.
I fatti in sè sono gravi e leggere i resoconti pubblicati su il Giornale di Vicenza mi ha fatto stare male.
In brevissimo tempo c'è stata la reazione di un'associazione storica, che ha organizzato un incontro pubblico a Vicenza sull'argomento, presente proprio Gianluca  Nicoletti, tenutosi un paio di sabati fa. 
La storia quindi ha avuto un ulteriore, importante, sviluppo, è cioè ora i carabinieri stanno sentendo tutti gli alunni con disabilità di quella scuola per verificare se e quanto vi sia stato, sempre da parte delle due che ora sono incarcerate, nei loro confronti, anche negli anni passati. 
Due cose, in mezzo a tutto, mi hanno colpito: la dichiarazione della dirigente scolastica "Non ne sapevo nulla", forse considerata una frase magica che garantisce il candore e il declino da ogni responsabilità? Ci insegnavano una volta, quando la Scuola era tale, che l'ignoranza della legge non giustifica la sua trasgressione e a maggior ragione un dirigente scolastico risponde legamente per tutto ciò che accade nell'istituto che  presiede.
L'altra cosa è la grande presenza di spirito di questo padre che ha avuto pure l'eccellente sangue freddo di non andare a spaccare crani (qunti di noi genitori, nelle medesime condizioni di questo papà, non sarebbero usciti di testa?) ma di nascondere un registratore nello zaino del figlio e poi, dopo aver sentito cose raccappriccianti, che purtroppo confermavano  i suoi atroci sospetti, di correre immediatamente dai carabinieri.
Prima di lasciarvi alla lettura dell'ultimo articolo da me letto in proposito, vorrei invitare i genitori a considerare che la violenza fisica è solo l'estremo aspetto di quanto può patire uno dei nostri figli a scuola, soprattutto quando non è in grado di raccontarcelo: esistono molte forme di violenza messe in atto che ricadono tutte nella sfera della discriminazione.
Non si abbia perciò paura ma bisogna agire, sia che si tratti delle ore spesso insufficientemente ridicole attribuite come sostegno, sia le varie inefficienze passate come lungaggini burocratiche o manifesta incompetenza - la frase magica in questo caso è "Se ci fosse uno specialista che ci dice cosa fare...".
La scuola, intesa come persone che ne fanno parte, è tenuta a sapere tutto quello che si deve e si può fare per garantire lo stesso diritto all'istruzione e allo studio degli alunni con disabilità e se si trova spiazzata in quanto ignorante, ha la possibilità di ricorrere a tutta una sfilza di specialisti che il MIUR mette a disposizione.
Se lo facciamo noi genitori, di specializzarci e studiare, imparare, informarci, cosa vieta alla scuola di farlo? 'E ora di smetterla di caricare le famiglie del lavoro che dovrebbe fare la scuola.
Negare - attraverso le pietose scuse di cui sopra - un ausilio, l'accessibilità all'edificio, il bagno appositamente adeguato, una stanza che funga da spogliatoio, l'accessibilità alla mensa per non parlare poi della famosa stanza H che è il sollievo di quegli insegnanti che dicono "disturba la classe, non posso fare lezione" significa fare violenza agli alunni con disabilità e discriminarli. 
Un pensiero al ragazzo: da mamma spero davvero che possa riacquistare la serenità, affiancato da persone che gli vogliano bene che, insieme ai suoi genitori, possano dargli quanto finora negato. 
Da presidente d'associazione che riunisce genitori,  mi auguro che la giustizia faccia il suo corso e le persone imputate paghino davvero.        
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da Il Giornale di Vicenza del 25.04.2013, di Diego Neri:
I carabinieri sentiranno altri studenti disabili
La procura ascolterà gli allievi con difficoltà seguiti negli ultimi anni dalla scuola. Il tribunale del Riesame intanto ha confermato il carcere per la professoressa di sostegno e per l'operatrice assistenziale
BARBARANO. Quante sono le vittime dei maltrattamenti a scuola? Per verificare che il giovane autistico sia stato l'unico, la procura ha avviato accertamenti sugli studenti disabili che, negli ultimi anni - fino al periodo non prescritto - hanno frequentato la scuola media Fabiani di Barbarano e sono stati seguiti dalla professoressa di sostegno Mariapia Molena Piron o dall'operatrice socio-assistenziale Oriana Antonella Montesin. I loro famigliari saranno ascoltati nei prossimi giorni dai carabinieri per comprendere se i giovani abbiano avuto esperienze poco piacevoli all'interno dell'istituto. Intanto, il tribunale del Riesame di Venezia ha respinto ufficialmente la richiesta di scarcerazione di insegnante e operatrice. I giudici lagunari hanno stabilito pertanto che Piron e Montesin debbano restare in carcere a Montorio Veronese, in virtù dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Massimo Gerace su richiesta del pubblico ministero Barbara De Munari. Il gip, un paio di settimane fa, aveva parlato (riferendosi al contenuto dei filmati registrati dai carabinieri) di «uno spettacolo di inaudita violenza e disumanità», che risulta connesso «ad una disposizione d'animo di tale perversione da far ritenere che essa non possa che collegarsi ad una capacità delinquenziale di eccezionale portata». Ragion per cui dovevano stare dietro le sbarre. Le difese, con gli avv. Roberto Pelloso e Gianluca Veccia (per Piron) e Paolo Marson (per Montesin) avevano chiesto quanto meno gli arresti domiciliari, visto che le due indagate, non rientrando certo a scuola, non potrebbero nè inquinare le prove nè prendersela con altri studenti. Ma per i giudici veneziani, al momento, è il carcere la misura cautelare più adatta. Sarà necessario leggere le motivazioni, che arriveranno fra qualche giorno. Le due indagate sono accusate di aver trattato da codice penale un ragazzo autistico, che non parla e non può difendersi: il padre, quando lo aveva visto arrivare a casa con dei lividi (altri, anche nelle parti intime, erano emersi dopo una visita pediatrica), aveva infilato nello zaino del figlio un registratore. Quindi aveva ascoltato con ribrezzo le due educatrici insultare con termini irripetibili (il meno pesante è «sei solo un animale») il ragazzo, ed era corso in caserma. Le indagini dei carabinieri di Barbarano e della sezione di polizia giudiziaria della procura, che avevano utilizzato una microtelecamera, avevano portato a scoprire cosa succedeva nell'auletta di sostegno della scuola. Ora c'è da capire se fosse già avvenuto qualcosa di simile anche in passato. 

domenica 21 aprile 2013

Si fa presto a dire poncho! Pioggia e sedia a rotelle.


Come si suol dire chi non sperimenta certe cose non s'immagina..... mi fa piacere invece che per esempio l'insegnante di sostegno e la lettrice di mio figlio abbiano provato cosa vuol dire spingere una carrozzina (tra l'altro super leggera) sui marciapiedi delle nostre strade - dovevano fare alcuni isolati per raggiungere dalla scuola un circonvicino cinema per assistere ad uno spettacolo teatrale insieme a tutta la classe. L'insegnante mi dice che è stato faticoso perchè la condizione del percorso è accidentata... erano solo pochi isolati. Alchè le ho riposto "Pensa che noi sono ormai sette anni che sperimentiamo questa fatica".
E con nostro figlio siamo andati dappertutto e con ogni condizione metereologica.
Questa mattina, una domenica mattina qualunque, ma non per me, perchè per due buoni mesi e oltre sono stata agli arresti domiciliari causa gravidanza a rischio e quindi, da quando la terza figlia è nata, omai quasi un mese fa, penso possiate immaginarvi la mia voglia, anche eccessiva forse, di riprendere una vita normale, fatta di poter fare cose normalissime, come stare in piedi, portare in braccio la mia figlia di mezzo che di anni ne ha due e mezzo, movimentare il figlio maggiore e usare la pedana elettrica per uscire di casa e fare un giro fuori, oltre ad un mucchio di altre cose ovviamente, ma sono cose che i normodotati bipedi e autonomamente deambulanti danno per scontate e e nemmeno ci pensano.
Quindi questa mattina mi ero fatta come punto d'onore di preparare tutta la truppa per uscire e raggiungere l'edicola di fiducia e poi magari la pasticceria.
Come ogni genitore che si ritrova nelle nostre condizioni sa cosa vuol dire prepararsi per uscire, se poi ci aggiungete una bimba di 2,5 anni e un'infante di neanche un mese, avete il quadro preciso della situazione. Invece per tutti gli altri che non hanno un figlio tetraplegico e che si muove solo se lo muovete voi genitori è difficile per noi spiegare e per loro capire, anche quando abbiamo spiegato, dovrebbero proprio sperimentarlo 24 ore al giorno, tutti i giorni.
Finalmente, dopo quasi due ore di preparativi vari, guadagnamo l'uscita e............... inizia a piovere!
Piuttosto che rinunciare al giretto sarei andata sulle nuvole e le avrei prese per il copino obbligandole a trattenere le loro precipitazioni! Ci sono già troppe barriere, specialmente mentali ed emotive, che intralciano le ruote della carrozza di mio figlio, tante volte abbiamo desistito da intendimenti vari perchè era tutto troppo difficile e noi esausti, fisicamente logori e con l'umore pessimo.... ma nostro figlio non può pagare sempre per tutte queste cose.
Calma, ci siamo dotati di poncho regolamentare che copre interamente il rampollo, le due ragazze sono rietrare in casa con il papà e un felice bimbo, insieme alla sua mamma, sono potuti uscire, sfidando le intemperie.
Un inciso: non se se noi siamo poco organizzati o manca proprio l'informazione giusta ma, per esempio, come fai a spingere la carrozzina con due mani e contemporaneamente ripararti dalla pioggia reggendo l'ombrello? Io con una mano sola non riesco a portare la carrozza, forse sì riuscirei se la strada fosse liscia e sufficientemente larga, senza tutti quei buchi, sconnessure, gradini, auto in sosta selvaggia, restringimenti  improvvisi ed illogici del marciapiede che in alcuni punti diventa stretto anche per una persona all'inpiedi..... ma ormai il percorso per arrivare all'edicola di fiducia lo conosco a memoria e ho tutta una serie di trucchi e strategie per far in modo che mio figlio non concorra, ogni volta, ad un rally di primo livello. 
Dopo pochi metri ho preso l'ombrello, l'ho chiuso e in qualche modo l'ho sistemato e pazienza per la messa in piega, mio figlio canticchiava perciò questo val bene l'acconciatura, altro che cavallo per il regno!
Intanto che spingevo e canticchiavo anche io, pensavo che non conosco nessun accessorio utile in caso di pioggia e mi chiedo se esistano: per esempio un qualcosa, un'appendice, dove posizionare un ombrello all'uopo per riparare chi spinge e la testa di chi sta seduto, ma esiste?
Oppure bisognerebbe avere un cappello, come il mio fantastico cappello cinese, ma in materiale impermeabile - il mio è di paglia o bambù insomma si bagna.... come per esempio questo - che è un cappello di carnevale, ma noi genitori di figli con tetraplegia siamo molto creativi e non ci formalizziamo. Perchè e lo sottolineo, per noi che abbiamo i calli da manubrio di carrozza, è fondamentale avere sempre le mani libere (cioè non occupate da altro che non siano le manopole del manubrio) e viaggiare leggeri.
Intanto che spingevo pensavo a quante cose mancano, nel nostro Paese, cose anche molto elementari e realizzabili con poco dispiego di risorse, che faciliterebbero di molto la vita nostra e dei nostri figli. 
In ogni caso la mia coggiutaggine ha sortito un insperato premio, oltre alla felicità del mio bimbo che, quando sente il vento sulla faccia, si trasfigura in un enorme sorriso: all'edicola, buttando l'occhio qua e là tra la distesa di riviste, ne ho trovata una che contiene un corposo servizio di molte pagine intitolato "la casa senza barriere", è una rivista d'arredamento e capita proprio a fagiolo, per la sottoscritta, chè sono mesi che si arrovella per risolvere certe disarmonie domestiche.
Direi inoltre che è un grande segno del cambiamento nella cultura, addirittura una rivista che si occupa di questi argomenti!
Buona domenica a tutti, sebbene la pioggia  e tanti cari saluti ad Andrea Pennati, che è un ragazzo che noi Genitori Tosti ammiriamo molto e del quale siamo amici, che ha avuto la fantastica idea di aprire un gruppo su Facebook intitolato "Le carozzine" e che affronta appunto tutto quanto riguarda lo status di "rotellati".
P.s.: e comunque, neanche il mirabolante poncho che copre tutto è adatto, ad un certo punto si è impigliato nelle ruote e quasi si strappa... anche qui urgerebbe soluzione acconcia.... esisterà?

giovedì 18 aprile 2013

Uniti ma divisi


di Bazen

Uniti ma divisi, un ossimoro che pare essere in voga come non mai in quest’ultimo periodo.
Che la storia del nostro Paese sia percorsa da moti che da un lato perseguono lo scopo di unirlo e dall'altro creano malcontenti che dividono, non è certo una novità. A chi non vive in prima persona l’esperienza della disabilità sembrerà un paradosso: questa condizione dovrebbe avvicinare tra loro i familiari delle persone disabili. Invece essere uniti ma divisi è ormai una consuetudine anche in questa realtà. E questo nonostante l’Italia sia un esempio invidiato ben oltre l’Europa per il panorama normativo vigente.
Una condizione che le famiglie di figli con disabilità conoscono bene, potendo constatare l’enorme iato tra normativa pubblica e triste realtà quotidiana, scandita dallo stillicidio di grandi e piccoli ostacoli che nessuna norma da sola potrà mai eliminare senza il naturale senso civico, senza l’educazione e la cultura di ogni cittadino di questo Paese. Qualità, queste ultime, sempre più rare in Italia, dalle quali discende l’imprescindibilità delle leggi a difesa dei diritti dei propri figli. Una società che non ne vuol sapere di considerare la disabilità come una condizione di normale vivere in comunità, conduce necessariamente a dover ergere la normativa a baluardo difensivo di diritti che, lo ripetiamo, si è portati a pensare essere una realtà consolidata. Quale stupore invece nel constatare il contrario quando si valutano numericamente ricorsi, esposti e denunce dei genitori!
Lo abbiamo già scritto e detto più volte: le nostre famiglie offrono a chiunque lo desideri una dimostrazione pratica di quanto sopra. Ma l’adesione a passare qualche ora nelle nostre famiglie è un dato “non pervenuto”...
In sostanza, non è sufficiente avere ottime leggi, se al momento di applicarle il ruolo di controllore è latente. Qui, come in altri ambiti della società, l’Italia è allergica ad essere controllata. La soluzione di comodo comunemente adottata dallo Stato per risolvere la questione è... modificare la legge, dando in questo modo una parvenza di novità e di lavoro illuminato. Gli esempi, innumerevoli, chiedeteli alle nostre famiglie. L’unica conseguenza: il caos aumenta.

L’esperienza.
La disabilità obbliga genitori e figli a vivere più frequentemente di quel che si pensi le realtà più disparate di ospedali, centri di terapia, scuole, medici, terapisti, insegnanti, assistenti, ecc. Crediamo che a questa eccezionale formazione sul campo compiuta ventiquattrore su ventiquattro tutti i giorni, debba essere riconosciuta con maggior rispetto.
La voce dei genitori di figli con disabilità è portatrice di esperienze che nessuna istituzione, nessun funzionario potrà mai avere se non con un percorso di vita analogo. Le famiglie con figli con disabilità in età scolare vivono orari intersecati tra la scuola e le terapie che per la maggior parte dei casi avvengono più volte alla settimana insieme a riunioni con specialisti e terapisti e al costante supporto nei momenti di studio dei figli. La situazione, in altre parole, vede frequentemente un genitore lasciare l’attività lavorativa per compiere un lungo percorso di vita in stretta relazione con il figlio. Intendiamoci: non esiste nulla di più appagante che poter assaporare ogni tipo di crescita e conquista dei figli; se solo ci fosse una maggior presenza di civiltà, di spirito di comunità, dando meno peso (il giusto) al valore individuale, faremmo tutti un gran passo avanti. Crediamo non sia necessario evidenziare le conseguenti rinunce che tale impegno impone, anche quando scelto serenamente. Senza contare chi alle rinunce e all'affiancamento dei figli deve anteporre la necessità di lavorare per sopravvivere.
E’ in questo contesto che ci si è chiesti se e quali risvolti positivi porteranno la Direttiva e la più recente Circolare che il MIUR ha pubblicato e che interessano da vicinissimo noi e i nostri figli. Domande più che lecite, essendo la scuola uno dei rari momenti dove (si dovrebbe) cercare di praticare ed insegnare la cultura dell’inclusione.
Nel convegno di Milano del 25 marzo scorso proprio su questi due documenti sono emersi alcuni buoni propositi a parole, ma rimane il testo confusionario dei due documenti sui quali il convegno era fondato. Verba volant, scripta manent, perché siam tutti d’accordo che la situazione nei contesti di compresenza di allievi con disabilità lieve, grave, certificata/non certificata e stranieri sia di difficile gestione, come pure siam tutti convinti che non sia giusto (e neppure legale) lasciare a se stessi bambini e ragazzi che non hanno colpa di un sistema didattico non in grado di mantenere la promessa del sapere. Ma l’inclusione nelle scuole italiane è altra cosa.
In altro scritto affronteremo dettagliatamente i risvolti nella didattica della Direttiva del 27/12/2013 e della Circolare del 6/3/2013. Prescindendo da dotte perifrasi, qui si vuole arrivare a quella sostanza che è specchio della realtà dove vivono bambini e ragazzi che frequentano le scuole, tra i quali i nostri figli, dando il nostro semplice parere di genitori.
Con una premessa: integrazione o inclusione, per noi, non rappresentano il fulcro del problema. Siamo ovviamente interessati e disponibili a disquisire sulle strategie per realizzare l’uno e l’altro obiettivo. Ma lavorarci è una pratica che segue, non precede, il concretizzarsi della piena realizzazione delle volontà/possibilità della persona; vogliamo chiarire una volta per tutte che nella stragrande maggioranza dei casi, questo tutt'ora non avviene (nella scuola; figuriamoci nel mondo del lavoro!). Il problema pressante è saper vedere travi e pilastri di una scuola che sta crollando, non le pagliuzze etimologiche.
Quindi:

Primo: risorse, risorse e ancora risorse.
Inutile nascondersi. Se si vuole dare finalmente una risposta adeguata alla moltitudine di problematiche dei bisogni educativi, non si può prescindere dalla disponibilità di congrue risorse. La scuola ha in seno persone con grandi capacità professionali che ogni giorno superano gli ostacoli che emergono costantemente. Lavora, la scuola, tra le pieghe dall'autonomia, progettando creativamente le opportunità per arricchire l’offerta didattica. Ma siamo agli sgoccioli, tanto che le famiglie si fanno carico di costi sempre maggiori, pur nei proclami da parte della scuola stessa che essi non debbano esser dovuti. Chiediamo che si aprano gli occhi sull'aspetto risorse, dato che senza questi esborsi da parte delle famiglie non ci sarebbero uscite didattiche, non ci sarebbero gli strumenti informatici, non ci sarebbe carta igienica o sapone. E non apriamo la parentesi sugli assistenti alle disabilità sensoriali o per non parlare degli ausili per i bisogni educativi dei nostri figli, cui si accede con sempre maggior difficoltà, tanto che, infine, li si compra di tasca propria. Ci vogliono più risorse per la scuola, soprattutto in relazione alla disabilità. Sprechi e ruberie su cui operare i tagli, sono altrove.

Secondo: competenze e controlli per analizzare e risolvere i problemi.
Dal mondo della scuola sentiamo da ormai diversi anni affermazioni circa la necessità di cambiare il sistema delle certificazioni, perché si dice non essere possibile gestire con l’attuale sistema didattico numeri così elevati di allievi con bisogni educativi individuali. E così ha preso vita un processo di ri-certificazione per allineare lo stato psicofisico dell’allievo alle risorse disponibili. Se teoricamente può aver senso capire l’evoluzione dello stato complessivo dell’allievo, dei progressi, regressi oppure in una situazione di  costanza, non si può ignorare che per lui e per le famiglie sottostare alle commissioni di valutazione ad ogni passaggio di grado significa solo violenza gratuita. Troviamo vi sia una certa crudeltà nel perseverare sulla limitazione delle possibilità di successo scolastico (e di vita) dei bambini per ragioni di mera pecunia. Dal Ministero si chiede agli insegnanti di classe di acquisire le capacità per valutare e gestire i diversi bisogni educativi; già che ci siamo chiediamogli anche di valutare e decidere le necessità degli allievi con disabilità oltre i termini pedagogici: di ausili, di terapie... Si è perso il buon senso. Chi ha la competenza per un simile compito sono le ASL. Punto. Dobbiamo qui ribadire che il “modello medico”, in fin dei conti, resta l’unico punto fermo su cui ragionare in una realtà ancora lontana dal modello bio-psico-sociale; quello medico, grazie ad una soggettività ridotta al minimo che non considera elementi forvianti influenzati dalle discussioni sulle risorse, sulla predominanza/privilegio/orari del contratto di lavoro (somministrato o rivendicato) rispetto alla didattica, ecc. consente alle famiglie di avere uno standard continuativo (o, meglio, più continuativo) se confrontato all'offerta scolastica. Ben sapendo che dietro ogni diagnosi medico/legale ci sono persone; che però ragionano su prassi condivise dal mondo scientifico.

Tornando al progetto di vita della persona, se fosse creato, condiviso e ben gestito da tutte le figure coinvolte (ASL, specialisti/terapisti, docenti, famiglie) sarebbe più che sufficiente per assegnare e calibrare man mano il sostegno con risultati ottimali. Cosa ci vuole? Torniamo al punto Uno: risorse. Risorse per le ASL che sono sotto organico; per la scuola per formare le persone che gravitano sull'allievo oltre che per il tempo che deve essere riconosciuto ed essere adeguato; domani come nell'immediato anche nel caso degli allievi recentemente ri-etichettati in vario modo, eliminando le scelte perverse delle ultime riforme (purtroppo) bipartisan che han sostanzialmente disfatto una scuola che, prima, funzionava meglio e le cui buone prassi, che parzialmente tutt'ora resistono, rischiano di volatilizzarsi definitivamente. Chiediamo che si ponga un termine al ciclo dei tagli, in nome di falsi risparmi, e si aumentino i finanziamenti alla scuola (pubblica). I soldi per questo e per altri ambiti ci sono, eccome. Averli tolti ai pilastri dello Stato (oltre che alla scuola, al sociale, alla sanità, al lavoro) è stata una pazzia che rischiamo di pagare tutti dolorosamente in un futuro neanche troppo lontano. In una recente pronuncia, il TAR siciliano ha affermato che “la discrezionalità dell’amministrazione nella gestione delle risorse pubbliche trova un limite nella protezione necessaria di tale diritto fondamentale [in materia di assistenza scolastica], che non può essere qualificato come diritto finanziariamente condizionato”. Nell'auspicio che le famiglie non debbano utilizzare gran parte del proprio tempo su argomenti cui in uno Stato civile non dovrebbero neppure pensare, focalizzandosi sui propri obiettivi, chiediamo di “dimenticare” questa fase del MIUR, per cercare di valorizzare la struttura normativa e le buone prassi esistenti: la Legge 104 aveva tracciato un solco preciso, e su questo si deve tornare senza alzate d’ingegno utili solo a chi le ha concepite.
Chiediamo, ancora una volta, che si applichino le leggi che sono (state) chiare e che purtroppo rappresentano per le famiglie una delle poche certezze cui riferirsi. Si abbia l’umiltà di non voler essere a tutti i costi migliori dei maestri del passato. Oltre che di applicare le leggi, ciò di cui c’è bisogno è saper controllarne l’applicazione, in un Paese, lo sottolineiamo ancora, che dimostra qui come in ogni altro ambito l’intolleranza ad essere controllato.

Il castello che oggi si sta costruendo mira a contenere la spesa per le persone con disabilità o in difficoltà, iniziando dall'istruzione e passando dalla sanità per finire col sociale. Non v’è ambito dove, in proporzione, lo Stato abbia colpito così duramente tagliando risorse, con una tattica di agire nel silenzio con il benestare trasversale di una larga parte di rappresentanti della società, della politica e, purtroppo, anche dei rappresentanti della disabilità. Credere che la soluzione ai problemi stia in questi termini è un errore atroce. Demolire in pochi mesi ciò che è stato costruito in decenni dovrebbe far riflettere sull'onestà, innanzitutto intellettuale, di chi queste azioni le sta compiendo. Fate quindi attenzione: i nostri figli staranno a scuola, nella scuola di tutti, assistiti secondo e con quanto è previsto e necessario, ben più delle briciole che i fenomeni dentro e fuori al MIUR ostentano mascherandole da alta conquista inclusiva.

sabato 13 aprile 2013

Iniziativa della sezione sarda: gita in trenino storico

 
di Marisa Melis
Siete tutti pronti ragazzi??? Sìììììì??
Tutti in carrozza ajò a Mandas.
State seduti e calmi, assaporate il paesaggio che la nostra bellissima Sardegna ci offre.
I macchinisti della locomotiva sono pronti, di carbone "buono" ne abbiamo in abbondanza...adesso il paese di Monserrato verrà invaso dal fumo che si sprigionerà dalla caldaia.
Il fumo si solleverà nel cielo, morbido e soffice e si dissolverà tra le alte nubi...non riusciremo a toccarlo, ma lo vedremo trasformarsi e prendere le più disparate forme a cui noi con la fantasia attribuiremo ora un volto, ora un albero...a seconda di quanto la nostra mente riesca fantasticamente a sognare e creare....
Ora respirate a pieni polmoni, rilassatevi nelle panche di legno tirate a lucido della carrozza...e di lato guardate il verde paesaggio...
Saranno tre ore di viaggio, di sensazioni, di emozioni che ognuno di noi vivrà e ricorderà a modo suo...sensazioni uniche e speciali...
Un arricchimento per ognuno di noi, da portare nel nostro album dei ricordi personali. Sapremo farne tesoro di questo viaggio e quando le foto scorreranno nel computer, già immagino i gridolini un pò di tutti nel ricordare avvenimenti e situazione createsi in questo viaggio.
Intanto ringraziamo i dirigenti dell'A.R.S.T. (Azienda Regionale Sarda Trasporti), in particolare l'Ing. Sandro Boccone, per avere fatto questo dono alla nostra Associazione.
Ringrazio già da ora il Comune di Mandas, nella persona del Sindaco, poi la Sig. Barbara Porcedda per la disponibilità e l'aiuto "grandissimo" per aver "messo in moto" l'accoglienza all'arrivo alla Stazione di Mandas.
La sua gradita telefonata mi ha aiutato moltissimo a predisporre un progetto di visita dentro il paese per le poche ore in cui saremo loro ospiti.
Ringrazio Massimiliano Serra che è stato il nostro "gancio", attivo tifoso dei nostri laboratori del lunedì e del giovedì nell'Oratorio don Bosco di Cagliari.
Questo è l'articolo dedicato all'iniziativa apparso su Quotidiano Sardegna.
Questo è un bellissimo pezzo trasmesso alla televisione che riguarda il trenino storico.
Che dire: CIUFFFF...CIUFFF.....stiamo arrivando....mettete dentro le teste...se non volete diventare neri come il carbone!!!
 

martedì 2 aprile 2013

2 aprile 2013 accendilo di blu -- giornata mondiale della consapevolezza sull'autismo



di Marisa Melis:
In tutto il mondo oggi 2 aprile è la giornata dedicata all’autismo. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha promosso l’iniziativa tra gli enti e i privati di illuminare di blu, sia gli edifici che le abitazioni in questa giornata. Uno squarcio di blu nel nero buio dell’autismo.
Nella notte appena trascorsa il nostro Comune di Cagliari era illuminato di un blu lucido e brillante, all’iniziativa ha anche aderito il T hotel sempre di Cagliari e il Comune di Villasor.
Tanti si stanno unendo e di questo ne siamo felice.Ciò vuol dire che si sta parlando di questa problematica che sempre più interessa e coinvolge tante famiglie.
Desideriamo che le forze attive si interessino e lavorino per aiutare i ragazzi autistici perché siano parte integrante della società. Se formiamo una grossa rete di collaborazione, di ricerca e di studi, possiamo farcela…con l’autismo ma anche con tutte le altre malattie.
Dai…….il mondo è sempre più BLU.

di Alessandra Corradi:
Abbiamo parlato spesso di tante giornate: Internazionali, Nazionali, Europee e chi più ne ha più ne metta, in questi quasi 5 anni di blog, cercando di superare la polemica di base in cui pare siano intrappolate queste giornate celebrative e cioè servono o sono solo chiacchiere?
Noi pensiamo che al di là di tutto servano se sono organizzate bene e davvero con l'intento di aggiungere qualcosa alla cultura corrente e sappiamo che ci sono tutta una serie di associazioni, anche piccole, che lavorano e pure da anni in questa direzione.
Forse quest'anno la giornata, istituita nel 2007, ha preso l'abbrivio - vedere l'Empire State Building a New York tutto illuminato di blu è impressionante, ma anche da noi in Italia le cose stanno accelerando, forse grazie al libro scritto da Ervas che racconta la storia di un padre e suo figlio e poi nella seconda metà del 2012 l'exploit, quasi un "coming out", del giornalista Gianluca Nicoletti che ha appena pubblicato anche lui il suo libro. Questi due papà (che a loro volta hanno fondato delle associazioni dedicate) hanno fatto più in 12 mesi che non grosse associazioni in decenni e questo lo dico tranquillamente nel senso che non intendo attaccare nessuno, semplicemente prendo atto dei tempi che sono cambiati e così pure la comunicazione aiutata anche dal progredire degli studi e dai risultati della ricerca scientifica.
Ci tengo a dire un ultima cosa: nonostante appunto questo movimento innovativo, per cui, forse anche da noi, in Italia, si comincia a prendere atto dell'autismo che, ricordiamolo, è la causa di disabilità più diffusa insieme alla sindrome di down, perciò parliamo di grandi numeri - eppure ancora la gente "normo" non sa nemmeno cos'è.... ecco io vorrei ricordare due ragazzi che loro malgrado sono diventati famosissimi,  ma non per una vicenda positiva, una di quelle storie che è tanto bello leggere del "uno su mille ce la fa" (e intanto gli altri 999 patiscono l'inferno). Vorrei ricordare Pierre  e Nicolò, che, coincidenza, abitano nella stessa città, che è anche la mia, entrambi hanno l'autismo in comune ma non si conosco nè credo faranno mai amicizia.
Due pagine della più brutta cronaca mai letta, per non dire agghiacciante. Che per il lettore qualunque rimane "cronaca" ma per molti è la vita reale di tutti i giorni..... Ecco vorrei che questo blu servisse anche a loro o forse sarebbe più corretto dire servisse alla mia città, che ha tanto bisogno di luce........ e vorrei tanto sapere come sono andate a finire queste due storie.
Buona consapevolezza a tutti.