martedì 13 dicembre 2022

Che cosa abbiamo chiesto, noi GT, al Parlamento Europeo


Di seguito il testo (*) della petizione che abbiamo inviato al Parlamento Europeo a settembre 2021 che è stata accolta a fine marzo 2022.

L'effetto principale è stato quello dell'avvio di un'indagine per verificare che il nostro Governo avesse applicato ogni legge/direttiva e quant'altro in merito.

Vale davvero la pena rileggerne il testo, in un periodo in cui si parla di giustizia nel lavoro, di reddito minimo, di diritti dei lavoratori, di dignità delle persone, di pari opportunità,di politiche a favore delle donne e delle famiglie, di Europa.

Cogliamo anche l'occasione di augurare a tutti un sereno Natale.

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In Italia la Costituzione dice che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art. 1).

La Costituzione, in Italia, dice anche che:

-Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art.3)

- La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. (art.35)

- Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

- La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

- Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali

retribuite, e non può rinunziarvi.

- La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. (art.37)


Inoltre ricordiamo che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani - OHCHR recita:

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. (art.23)


- Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. (art.24)


- 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

- 2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale. (art.25).


In Italia esistono almeno un milione di persone che hanno rinunciato al proprio lavoro e quindi non hanno reddito, per prestare assistenza continuativa h24 ad un proprio familiare coabitante.

L'ordinamento giuridico italiano ha definito queste persone caregiver familiari in base a quanto scritto nel comma 255 della Legge Finanziaria del 2018.

Il 90% di queste persone sono di sesso femminile.

Nel caso di donne/mamme di persona non autosufficiente dalla nascita, accade che l'assistenza dura anche 40 e più anni. Queste donne non percepiscono nessuno stipendio per il loro lavoro di cura e non hanno nessun tipo di riconoscimento per cui i servizi sociali territoriali o centrali predispongano interventi di tutela, sostegno, affiancamento, formazione e nel caso di malattia, sostituzione con personale adeguatamente formato. Spesso rinunciano a curarsi perché non sanno a chi affidare il proprio caro così come non si riposano mai, nemmeno la domenica, nemmeno di notte.

Nel caso di morte del caregiver e nel caso in cui il caregiver sia tutto il nucleo parentale esistente, l'assistito finisce chissà dove, in quale struttura e assistito chissà come.

Lo Stato Italiano non è in grado di fornire strutture, servizi e personale per sostituire l'encomiabile lavoro svolto dai caregiver familiari al proprio domicilio, che non si limita solo all'accudienza, ma si occupa di qualsiasi settore della vita compresa l'istruzione se il proprio caro è in età scolare.


L'associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti


chiede


che il Governo italiano riconosca i caregiver familiari italiani che hanno rinunciato al lavoro per assistere il proprio caro come lavoratori e quindi li doti di ogni tutela connessa a questo status che significa stipendio, malattia, ferie e pensione.


Al Senato è tuttora giacente la legge che dovrebbe dare questo riconoscimento ma lo Stato italiano attraverso i suoi organismi non intende riconoscere il lavoro di queste persone, dichiara che non ci sono soldi per una simile operazione e che il massimo che si può fare è un bonus mensile fino a 500 euro, ovviamente con il meccanismo della richiesta ad esaurimento del fondo stanziabile che, in base alla legge finanziaria 2021 è di 30 milioni all'anno per il triennio 2021-22-23.

Però a livello regionale e comunale ci sono già assegni mensili, che non risolvono assolutamente il problema posto dall'assistenza e dal tipo di lavoro svolto dai caregiver familiari.

La legge italiana invece dovrebbe normare la categoria, dare la dignità di lavoratore a queste persone smettendo di discriminarle ed impedendo loro di avere un reddito dignitoso; inoltre la legge dovrebbe gestire le risorse e coordinare gli interventi sul territorio attraverso le leggi regionali - che mancano nel 70% del Paese.


L'associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti chiede al Parlamento Europeo attraverso la commissione dedicata, ed in base alla Direttiva (UE) 2019/1158 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza recentemente approvata, di sollecitare al Governo italiano il riconoscimento dei caregiver familiari (intesi come persone che si occupano di un parente, con il quale coabitano e per il quale hanno rinunciato a lavorare, alla propria vita e a tutto per fare in modo che il proprio caro avesse un tenore dignitoso e il più possibile inclusivo) come lavoratori, in modo che queste persone abbiano un reddito come chiunque che svolge un lavoro e che sia loro riconosciuto il valore sociale del lavoro che svolgono.

Lo scorso anno una sentenza della corte costituzionale ha imposto al Governo italiano di aumentare la pensione delle persone con disabilità maggiorenni in stato di gravità (art.3 comma 3 legge 104/92) al minimo considerato dignitoso per vivere nel nostro paese e quindi oltre il doppio di quello che invece sarebbe la pensione mensile (287 euro).

Si parla, a livello europeo, di approvare il salario minimo, cioè un reddito da lavoro sotto al quale non si può scendere.

Noi crediamo che sia possibile trovare un reddito mensile dignitoso per i caregiver italiani e che sia sostenibile dalle casse statali del nostro Paese.

(*) questo testo è contenuto nel saggio "L'esercito silenzioso- i caregiver familiari italiani" di A. Corradi e G. Barin, disponibile qui


mercoledì 7 dicembre 2022

Esiste una strategia della cura, in Europa, ma il nostro (nuovo) Governo non lo sa.

Per fare un po' di corretta informazione, riportiamo questo esauriente articolo, uscito lo scorso 3 novembre in seno all'organismo europeo che si occupa di vita indipendente.

Da un anno ormai, al parlamento Europeo, stanno lavorando sul tema della cura, quindi del ruolo dei caregiver familiari e  dei destinatari della cura siano essi minori, con disabilità, anziani. 

Tutto ciò che esiste come normativa, direttive, linee guida e quant'altro, a livello europeo, e che ogni Stato membro deve adottare, spesso è ignorato dal nostro Paese.

Non per niente ancora in Italia non abbiamo una legge per i caregiver né tutta quella serie di interventi e servizi di sollievo per questa figura. La legge sulla non autosufficienza si prospetta difficoltosa. (Ne abbiamo parlato qui). Consideriamo, anche, che la direttiva sulla conciliazione tempo di lavoro/tempo di cura è stata adottata solo a marzo di questo anno, con molto ritardo rispetto all'uscita (2019). Va specificato, però, che l'Europa non considera per nulla i caregiver che non lavorano cioè non hanno un lavoro stipendiato perché hanno dovuto rinunciarvi  a causa del carico imposto dall'assistenza al proprio caro che, nei casi più gravi, necessita una presenza h24. Ricordiamo che in Italia questa tipologia di caregiver è di circa un milione di persone. Questa "mancanza" europea è dovuta al fatto che all'estero, diversamente da noi, esistono servizi ed interventi per cui una persona può continuare a conservare il posto di lavoro anche con un carico di cura h24. 

Nell'attesa di sapere come e se  si muoverà il nostro Governo, leggiamoci con attenzione quanto segue, le parti evidenziate in giallo sono nostre:

La strategia europea della cura si occupa di disabilità?

di Florian Sanden (*)

Il 7 settembre la Commissione Europea ha pubblicato la tanto attesa European Care Strategy, che cerca di affrontare i bisogni di sostegno di vari gruppi come gli anziani ei disabili. La strategia è stata annunciata come un passo nella giusta direzione dalle organizzazioni non governative e dall'Unione europea dei servizi pubblici .

Sfortunatamente, la maggior parte degli elogi, così come la strategia stessa, hanno ignorato gli sviluppi chiave nei diritti dei disabili negli ultimi anni, a partire dall'adozione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD) nel 2006. Tutti gli Stati membri dell'Unione Europea hanno firmato la convenzione, così come l'UE collettivamente nel 2007. La strategia europea per l'assistenza ha segnalato l'intenzione di rispettare la convenzione, ma i paragrafi successivi, e in particolare la bozza di una raccomandazione del Consiglio dell'UE sull'assistenza a lungo termine, non sono stati all'altezza sfida.

Modello medico

Prima di tutto, trattare la disabilità come un sotto tema della cura difficilmente rispetta l'UNCRPD. Mettere qualcuno sotto tutela implica inevitabilmente che non ci sia più speranza per la sua piena partecipazione alla società. La lettera e lo spirito della convenzione confermano invece il diritto inalienabile delle persone disabili a partecipare a tutti gli ambiti della vita su base di uguaglianza con gli altri. Ciò significa che le persone disabili hanno lo stesso diritto al lavoro, all'istruzione, al tempo libero e alla famiglia eba tutte le altre cose che le persone fanno. Le persone disabili hanno quindi diritto a una vita indipendente . Alcuni richiedono supporto per raggiungere questo obiettivo, a cui hanno diritto. Il sostegno che riceve una persona disabile deve comunque avere sempre l'obiettivo di consentire una piena partecipazione sociale. Mettere qualcuno in cura implica metterlo sotto l'autorità di un medico. Questa è un'incarnazione del modello medico della disabilità , che è categoricamente respinto dall'UNCRPD.

Il progetto di raccomandazione del consiglio, uno dei due atti legislativi proposti dalla strategia, fa riferimento a "strutture residenziali tradizionali" e approcci "incentrati sulla persona" al sostegno della disabilità. Offrire queste scelte come opzioni uguali è inaccettabile dal punto di vista della convenzione.

L'organismo delle Nazioni Unite che sostiene la sua attuazione, il Comitato sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), ha pubblicato una serie di documenti sull'interpretazione dei vari articoli. Il suo commento generale (numero 5) sulla vita indipendente afferma chiaramente che l'articolo 19 della convenzione obbliga gli Stati parte a chiudere tutti i tipi di strutture residenziali per disabili. Ai sensi dell'UNCRPD, le strutture residenziali, chiamate anche istituzioni, non sono un'opzione per il sostegno alla disabilità.

Istituzioni più piccole

Sfortunatamente, nessuno Stato parte sta attuando questa parte della convenzione in modo serio, il che si riflette nelle stime del numero di persone disabili che vivono in istituti negli Stati membri dell'UE, che sono rimaste invariate tra il 2007 e il 2019 . Dal punto di vista del movimento per la vita indipendente, molti Stati membri stanno piuttosto costruendo istituzioni più piccole , spesso indicate in termini eufemistici.

Parlando di "contesti di assistenza innovativi, come alloggi condivisi in cui le persone con esigenze di assistenza a lungo termine condividono il sostegno domestico ei servizi di assistenza", la strategia europea per l'assistenza sostiene questo sviluppo. Per chiarire equivoci nell'interpretazione della convenzione, il 9 settembre la CRPD ha pubblicato le nuove linee guida sulla deistituzionalizzazione, che elencano la condivisione obbligatoria dell'assistenza con altri come criterio numero uno per identificare un'istituzione.

L'UNCRPD impegna inoltre gli Stati parti a coinvolgere le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative nel processo decisionale relativo a tutte le iniziative politiche pertinenti. Significativamente, il progetto di raccomandazione del consiglio non elenca le organizzazioni di persone con disabilità tra le parti interessate consultate. Né la disabilità è elencata come un argomento che è stato discusso. Questo capovolge il principio centrale del movimento di autodifesa dei disabili: niente su di noi senza di noi.

Non è solo il diritto internazionale a imporre la fine delle istituzioni. Il 27 settembre attivisti disabili hanno marciato a Bruxelles, affermando di essere stufi di essere traghettati in strutture sotto l'autorità di fornitori di servizi, separati dalla comunità.

Impegno chiaro

Per capovolgere la Strategia Europea per l'Assistenza, la raccomandazione del Consiglio sull'assistenza a lungo termine necessita prima di tutto di riconoscere il sostegno alla disabilità come un tema distinto dall'assistenza. In secondo luogo, occorre un chiaro impegno per la deistituzionalizzazione. L'UE non deve spendere altre risorse per mantenere le istituzioni, comprese le micro-istituzioni come le case famiglia.

Le uniche scelte consentite di sostegno alla disabilità sono servizi come l'assistenza personale o il sostegno tra pari. Un assistente personale è una persona che fornisce supporto individuale a una persona disabile in tutte le aree della vita, secondo necessità, per tutto il tempo al giorno necessario. I servizi di assistenza domiciliare sono consentiti come forma di sostegno alla disabilità se seguono un modello di datore di lavoro diretto in cui la persona disabile sceglie e/o assume i propri assistenti.

La strategia di assistenza non è contestualizzata dalla Strategia europea sui diritti delle persone con disabilità, il quadro politico dell'UE in questo campo. Deve essere codificato nella raccomandazione sull'assistenza a lungo termine che, in caso di conflitto, le politiche adottate all'interno di tale quadro abbiano la precedenza o si rischi di confusione legislativa.

Spetta ai governi degli Stati membri impostare la strategia di assistenza su un percorso verso la deistituzionalizzazione, l'assistenza personale e il sostegno tra pari. La rete europea sulla vita indipendente ha preparato emendamenti dettagliati e invita gli Stati membri ad attuare i cambiamenti necessari in sede di consiglio.

(*) coordinatore politico presso la rete europea sulla vita indipendente. Politologo di formazione, è un attivista per i diritti dei disabili, la cooperazione transnazionale e la giustizia sociale.