"La condizione di non autosufficienza è strettamente intrecciata con il prendersi cura: chi non riesce a svolgere in modo autonomo gli atti quotidiani ha bisogno di qualcuno che lo affianchi e l'assista, di uno ( o più) caregiver.
Chi presta assistenza è però esposto a stress fisici e psichici intensi che lo rendono fragile e bisognoso di sostegno. Numerosi studi hanno osservato come l'attività di cura rivolta ad una persona non autosufficiente, se non adeguatamente supportata, possa provocare un peggioramento significativo della qualità della vita e della salute psicofisica del caregiver principalmente coinvolto, che sperimenta elevati livbelli di tensione emotiva e psicologica, fino a diventare a sua volta una "seconda vittima" delle patologie invalidanti che hanno colpito la persona da assistere.
Per riflettere e lavorare sul benessere delle persone non autosufficienti è importante indagare la qualità della vita e le condizioni dei loro caregiver. Esiste infatti una correlazione tra qualità della vita di chi si prende cura e situazione della persona non autosufficiente; tale relazione non è lineare come si potrebbe ipotizzare, cioè non si tratta solo di affermare che occuparsi di una persona con una grave compromissione dell'autonomia comporta un peggioramento della qualità della vita: il benessere dei caregiver può infatti influenzare in maniera positiva la situazione delle persone non autosufficienti, migliorandone la salute psicologica. Inoltre le ricerche mostrano come la qualità della vita dei caregiver sia correlata in maniera più diretta con la presenza di servizi adeguati e con una presa in carico efficace piuttosto che con la gravità della menomazione della persona di cui si prendono cura. Tale dato è di estremo interesse per chi ha il compito di programmare i servizi di sostegno e assistenza.
Si noti che le interazioni tra qualità della vita del caregiver, benessere delle persone non autosufficienti e contesto socioassistenziale sono articolate e si muovono in entrambi i sensi. La famiglia è un sistema complesso in cui il comportamento, la struttura psicologica, il benessere dell'individuo devono essere considerati tenendo conto dei continui influssi che i membri hanno gli uni sugli altri e del fatto che la famiglia è inserita in un contesto socioculturale. Quando poi i membri del nucleo, oltre ad essere uniti dai legami tipici della realtà familiare, hanno fra loro vincoli di assistenza legati all'accudimento di un membro non autosufficiente, l'analisi dei loro rapporti diviene più complessa e appare con maggiore evidenza come il benessere o la sofferenza psichica degli uni influiscano su quelli degli altri.
Ecco perchè, con sempre maggior forza, le associazioni dei familiari delle persone con disabilità grave chiedono servizi che rispondano ai bisogni non solo della persona non autosufficiente ma di tutto il sistema di cui essa fa parte. Servizi co-progettati con la famiglia valorizzano e sostengono le risorse di cura della famiglia stessa, consentendole di mantenere il carico dell'assistenza più a lungo e ritardando o evitando del tutto l'istituzionalizzazione".
Eh!
Tratto da"Caregiving familiare e disabilità gravissima" a cura di Cecilia Maria Marchisio e Natascia Curto, Edzioni Unicopli, 2011