lunedì 31 gennaio 2011

Quale futuro per i nostri figli deboli?


di mresciani:

Noi genitori di ragazzi disabili siamo molto preoccupati per la poca attenzione che si ha verso i nostri ragazzi.
Mi spiego: con la scusa della crisi mondiale, che si è ripercossa anche sulla nostra Nazione, assistiamo ogni giorno a tagli indiscriminati per quanto riguarda tutto, ma notiamo, con rammarico che vengono penalizzate sempre le fasce più deboli.
Non serve riempirsi la bocca con parole che inneggiano alla meritocrazia dette da chi, nella scuola è stato mediocre ma, nella vita ha avuto dei forti sostegni politici. Sostegni che l'hanno fatto andare più avanti per ritrovarsi, poco più che ventenne a ricoprire ruoli importanti quando, sino ad ieri giocava con la cerbottana disturbando i passerotti nei parchi.
La meritocrazia va bene certo, ma per tutti! Inutile criticare i figli dei fiori frutto degli anni caldi del '68: se si girano intorno si accorgono di essere loro i figli dei figli dei fiori. Ops!!!!
Io penso che non si possano criticare quegli anni, io li ho vissuti e tante lotte sono state veramente giuste.
Ricordo benissimo come venivano trattate le donne nei tribunali quando si PERMETTEVANO di denunciare uno stupro/violenza, venivano penalizzate due volte, prima vittime degli aguzzini e poi in tribunale processate loro e non i violentatori. C'erano donne coraggiose come l'Avv. Augusta Lagostena che hanno dato il loro contributo per aiutare le donne.
In quegli anni si sono fatte delle lotte gigantesche, io non rinnego niente, le lotte fatte da altri/e allora, sono venute a nostro vantaggio adesso: perchè dire che era tutto sbagliato?
Io non lo dirò mai.
Si dice che tutto cambia, tutto si evolve e noi ci dobbiamo adeguare, i nostri figli si devono adeguare a questa società.
Quale società? Quella che pensa in modo sconsiderato a fare politica in Italia come si fa oggi? No grazie!
Quella che non riesce ad inserire i nostri figli grandi pluri-laureati, sempre a rincorrere master e stage (serissimi e VERI, tanto per precisare, e pagati di tasca nostra!), i nostri figli grandi eterni precari, in servizi per pochi soldi, pochi soldi ma PULITI.
Siamo preoccupati, noi genitori di figli disabili, perchè i nostri figli grandi, seppur arrancando possono avere la possibilità di nuotare in questo mare in tempesta ed arrivare alla riva.
Ma i nostri figli deboli?
Come possono farcela in questo marasma gigantesco, dove tanti inetti sono nei posti di comando, per il loro rendiconto personale e non della società che invece dovrebbero rappresentare a 360 gradi.
Come possono farcela, i nostri figli deboli, se noi genitori non stiamo a controllare, ogni giorno ed ogni momento, chi cerca di fregarci/li, magari dentro una delibera, una circolare, un decreto legge?
Come possono farcela, i nostri figli deboli, se noi genitori non siamo sempre guardinghi, sempre agguerriti, sempre a lottare con tutti e con tutto per loro?
Ci provano in tutti i modi a renderci la vita assurda, con la burocrazia e con tutto.
Come si può andare avanti per avere gli ausili con un nomenclatore ancora fermo al 1999?
Come si può andare avanti quando tuo figlio viene chiamato a controllo "falsi invalidi" all'Inps e tuo figlio è allettato e non può essere chiamato a controllo per la patologia che ha?
Come si può andare avanti quanto chiedi un montascale per tuo figlio e ti rispondono trasecolando che il montascale lo richiedono solo i disabili adulti?
Come si può andare avanti quanto ogni due anni ti richiedono la certificazione per l'esenzione per il diabete o l'epilessia farmaco-resistente?
Ma come si fa?
Faremmo certamente a meno di queste esenzioni, magari, faremmo volentieri a coriandoli i fogli delle esenzioni, in cambio della guarigione, che mai avverrà, per tali patologie!
Come si aiutano i nostri figli disabili se vengono sistematicamente tagliati i sostegni scolastici e dobbiamo ricorrere ai TAR per vederci riconosciuti tali diritti?
Come si aiutano i nostri figli disabili con riabilitazioni risicate di un'ora, massimo due ore alla settimana?
C'è bisogna di una politica VERA, di una politica che si interessi di tutti e, per tutti, si intendono anche i NOSTRI FIGLI DEBOLI.
E' vergognoso nel 2011 vedere manifestare i malati di SLA , eppure succede!
Quale futuro per i nostri ragazzi deboli?
Mi fermo qua, questi discorsi sono triti e ritriti, eppure tanti nostri politici sono sordi...
Ma chi sono i veri disabili? La vera disabilità sta nelle barriere mentali di certe persone e c'è da constatare che sono tantissime!

giovedì 27 gennaio 2011

T4


di mresciani:

Ieri su La 7 è andato in onda un bellissimo monologo di Paolini su Aktion t4 - operazione "vite non degne di essere vissute" con la regia della dittatura del nazista Hadolf Hitler ed i suoi degni servitori.
Operazione che è servita ad uccidere, pare, più di settantamila disabili negli anni dal 1939 al 1945.
Cominciarono con i disabili.
Perchè i disabili erano persone che non producevano e perciò portavano via risorse alla fiorente Germania, si tendeva a selezionare le persone migliori della nazione e ad avere quindi una nazione di perfetti, lavoratori, studiosi ed altre persone che avrebbero elevato la nazione.
Vite non degne di essere vissute!!!
Ma cosa vuol dire? Chi può elevarsi a giudice supremo della vita altrui?
Lui, il pazzo per eccellenza faceva rastrellare i malati dai manicomi per sterminarli....Non potevano esistere i pazzi nella sua nazione e non si è reso conto che la storia lo ricorderà sempre per la sua ignobile e schifosa pazzia. Ma la sua pazzia non era frutto di una malattia ma frutto di un ossessione per la perfezione.
La perfezione? Perfezione di cosa? Chi è perfetto? Cosa vuol dire perfezione?
La sua onnipotenza ha creato un scempio mondiale....i più deboli sono caduti per primi.
I malformati ed i ritardati mentali non erano degni di vivere.
Perchè? Portarti via tuo figlio e dire che veniva curato lontano dalla tua vista e poi? Poi??? Poi venivano uccisi con punture letali e finivano nelle camere a gas.
Pazzo lui, ma quelli che materialmente hanno eseguito i suoi ordini, non sono stati meno colpevoli di lui. Potevano non eseguire gli ordini. Certo, sarebbero periti, ma perchè commettere dei reati così vomitevoli su persone inermi e già tristemente colpite dalla vita?
Vite non degne di essere vissute...........il monologo di Paolini .......mi ha bloccato lo stomaco...mi ha sconvolto .....
Se un genitore dei cosiddetti "normodotati" è rimasto stravolto, noi genitori di ragazzi disabili ci siamo sentiti umiliati, frustrati e non so quale aggettivo può descrivere il mio stato d'animo ed i sentimenti che hanno accompagnato quelle due ore intense del monologo di Paolini.
Sì il nostro dolore è troppo, troppo esagerato.
Cose così abominevoli non devono succedere più, mai più.
I nostri figli più deboli sono gioia di vita, noi vogliamo che siano integrati in questa società, che ne facciano parte a tutti gli effetti.
Siamo pronti a lottare con tutto e con tutti per difenderli, vogliamo che la loro vita sia bella per quanto possiamo dare loro, non permetteremo a nessuno che vengano maltrattati, derisi o umiliati.
Se non potranno difendersi, li difenderemmo noi, se non potranno parlare, parleremo noi per loro, e soprattutto saremo sempre attenti perchè non si facciano leggi che li possano emarginare o solamente danneggiare.
Siamo uno stuolo di genitori attenti e tenaci e soprattutto siamo consapevole che tutte le vite sono degne di essere vissute.
Ackion t4 ........è la peggiore strage che mente umana ha concepito...... che se ne parli a scuola, nei teatri, nei cinema........perchè ancora c'è chi asserisce che sono storie inventate!!!
Paolini, non potevi rappresentare meglio un immane tragedia.
Magistrale e bravo, grazie.

NdO:
chi non ha visto la trasmissione può rivederla qui oppure dopodomani in tv, perchè La 7 ha deciso di mandare una replica in prima serata. Noi ne parliamo anche qui. Di questo progetto si sa poco perchè, come ha spiegato Paolini era oggetto di discussione o citazione solo nell'ambito dei convegni di psichiatria; invece sarebbe bene che se ne cominciasse a parlare, riflettendo sul fatto che qualcuno ha detto, quest'estate, che il nostro Paese non è competitivo a causa degli invalidi.... la foto ritrae un mezzo come quelli utilizzati per trasportare i malati mentali e i disabili lontano dalle famiglie....

giovedì 20 gennaio 2011

Cifre dell'integrazione scolastica italiana


Ieri è stata diffusa la notizia che l'Istat ha pubblicato i risultati della sua ricerca "svolta nell'ambito di un progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, Universita' e Ricerca, si e' posta l'obiettivo di rilevare le risorse di cui si sono dotati i singoli plessi scolastici per favorire l'inserimento degli alunni con disabilita'."
Qui la notizia da Agenzia Asca.
Sul sito del Corriere nella homepage, la notizia era un piccolo link, in calce a quella sull'occupazione femminile in Italia e l'accento è posto sulle barriere architettoniche.
In un articolo apparso su Redattore Sociale invece, l'accento è sulla tecnologia e la scarsa preparazione in merito degli insegnanti di sostegno, leggiamo: "Il rapporto precisa però che "la presenza della tecnologia informatica nelle scuole non garantisce che questa sia effettivamente utilizzata per la didattica": se infatti (fra le scuole che dispongono di almeno una postazione informatica) nel 67,8% delle primarie e nel 74,3% delle secondarie tutti gli insegnanti di sostegno dichiarano di utilizzare le attrezzature informatiche, ci sono situazioni in cui nessun docente sa usarle per la didattica speciale (accade nel 16,7% delle primarie e nell'11,3% delle secondarie). Le regioni dove più di un quarto delle scuole primarie non hanno docenti "tecnologici" sono soprattutto al sud: Sicilia (20,2), Molise (21,1%), Calabria (22%) e Campania (25,7%), mentre al nord un valore analogo si registra nella provincia autonoma di Bolzano (21,2%). Quanto alla scuola secondaria, la percentuale di scuole che non hanno docenti di sostegno che utilizzano la tecnologia è più bassa: le regioni che risultano meno avanzate sono l'Abruzzo (16,8%), il Molise (16,7%), la Campania (15,4%) e la Calabria (15,3%), insieme all'Emilia-Romagna (16,1%). Dalla rilevazione emerge in modo chiaro una carenza nella formazione degli insegnanti: "Solo nel 43,8% delle scuole primarie si legge e nel 53,7% delle scuole secondarie tutti i docenti di sostegno hanno frequentato corsi specifici accreditati in materia di tecnologie educative per la didattica speciale". All'inverso, "sono intorno al 50% le scuole per ogni ordine i cui docenti di sostegno non hanno mai frequentato questo tipo di corsi".
L'Istat dice, anzi no, rileva che in Italia, gli studenti disabili, sono poco più 130.000.

Ma per l'anno 2008-09 ha risposto il 77% delle scuole italiane per l'anno 2009/10 ha risposto l'89% delle scuole (statali e non, dalla primaria alla secondaria di I grado): quindi non è il 100%, sono escluse le scuole dell'infanzia e l'università.
Qui il testo integrale dell'indagine che, confesso, non ho ancora letto.

Domande: suppure il dato sia parziale, di questi 130.000 alunni iscritti, quanti sono stati davvero "integrati"? Quanto costa ogni anno al MIUR la valanga dei ricorsi al Tar? L'anno prossimo saremo alle solite? Rinfrescatemi la memoria: era il 1977 quando hanno fatto una legge per cui anche i nostri figli potevano iscriversi alla Scuola Pubblica.
1977.
Buona giornata.

mercoledì 19 gennaio 2011

Scuola, progetto ponte



Rileggendo questo post mi sono accorta d'aver dimenticato di parlare del progetto ponte, cioè di tutta quella serie di interventi che favoriscono e mettono in atto la cosiddetta continuità didattica tra ordini diversi di scuola, in modo che l'alunno disabile sia accolto al meglio nella nuova scuola.

Il progetto ponte inizia praticamente all'indomani dell'iscrizione, che scade appunto tra gennaio e febbraio - quest'anno il 12 febbraio per l'esattezza.

Da ricordare che il progetto ponte si fa anche tra asilo nido e materna.

Allego quindi dei link di esempio, tratti dalle mie ricerche sul web, che illustrano cos'è e come si fa e quando si fa un progetto ponte.

Andate a visonare sul sito della scuola che avete scelto se è menzionato e quanto e come si parla dell'integrazione scolastica per gli alunni disabili, così avete modo di rendervi conto in maniera preliminare di molte cose, in previsione di un colloquio con il/la dirigente.
ICS A. Diaz (c'è proprio una bella scheda anche sui GLH e vari documenti utili)

IC Muzio ( scheda che parla di tutta l'integrazione)


Credo che, quindi, da febbraio a settembre ci sia tutto il tempo di concordare e verificare ogni cosa, relativamente al diritto allo studio del proprio figlio, in modo da non doversi rodere il fegato poi, a scuola iniziata, quando è troppo tardi, vostro figlio è lì in situazioni che fanno venire la pelle d'oca e spessissimo l'unica cosa che si può fare è ricorrere agli avvocati, la cui azione però ha effetti nell'arco di qualche mese, minimo tre e intanto vostro figlio cosa fa a scuola?

Segnalo anche questa scheda, curata da Salvatore Nocera, che sarà utile in materia di ausili - da ricordare che è la scuola che li deve procurare e NON la famiglia.

venerdì 14 gennaio 2011

A.A.A. Abbigliamento, Accessori.... Aiuto!


"Mentre a dodici anni i ragazzi cominciano a operare le loro prime scelte, relative ad esempio a come vestirsi, per gli individui diversabili questo non succede, anzi passerà ancora molto tempo prima che tutto ciò possa avvenire. Chi compra i vestiti al diversabile di solito è la madre, e i colori che sceglie per lui sono più o meno sempre gli stessi e cioè marrone, grigio, verde scuro, colori sempre molto spenti e anonimi. le taglie, poi! sempre due misure più grandi, con la scusa che è più facile sfilarle, e questo non è vero. Tutto ciò accade in primo luogo perchè gli abiti non vengono acquistati dal diretto interessato e, secondariamente, perchè in realtà in tal modo si cerca di mimetizzare il suo corpo."
Chi scrive è Claudio Imprudente, nel suo libro autobiografico, in cui ho trovato questo spunto/abbrivio per, finalmente, scrivere questo post, che avevo nel mouse da tempo.

Spesso ho pensato che una cosa che manca è l'abbigliamento, dedicato a chi ha bisogni speciali, nella fattispecie proprio chi divide la sua vita con la carrozzina - ma anche, perchè no, chi deve usare il sondino... mi sono sempre chiesta se esistano per esempio i body con l'apposita apertura per la cannula.
Dicevo, la carrozzina: chi non la usa non può sapere che il problema più fastidioso (e d'inverno anche a rischio di acciacchi) è "l'effetto Shakira": la zona lombare risulta perennemente scoperta e di conseguenza anche quella basso addominale.
Ho sempre cercato di ovviare, finchè mio figlio era piccino, con dei body chè almeno se si sollevava camicia, pullover e pure giubbino, rimaneva il tessuto del body chè d'inverno è pure felpato, magari. Poi il bambino diventa grande e l'unica alternativa è usare body da donna ma, sinceramente non me la sono sentita, mi sembrava irrispettoso nei confronti di mio figlio.
Così cerca e cerca i body maschili, da una certa taglia in su esistono, ma solo all'estero. Perchè in Italia no?
Solo quest'estate ho scoperto perchè chi sta sulla carrozzina patisce l'effetto Shakira: perchè ci vorrebbero dei pantaloni fatti apposta, che hanno la parte di dietro più alta, ma dove, in Italia andare a trovare questi pantaloni? Perchè la cosa l'ho scoperta su un sito americano, ovviamente.
Finora me la cavo grazie ad una grande catena svedese che ha proprio dei begli articoli e COLORATI da bambino e non da "paziente ospedaliero" ma cmq è inutile prendere pantaloni tipo jeans né quelli eleganti e soprattutto si deve calcolare che non devono esserci cerniere, bottoni o escrescenze varie perchè, comunque, questi articoli da indossare sono pensati per bambini bipedi in verticale e non per chi sta seduto o magari sdraiato.
Stendiamo un velo pietoso poi sulle scarpe: chi usa i tutori deve anche prendere scarpe"normali" di uno-due-tre numeri più grandi di quelle che effettivamente si portano, con un avvilente effetto clown che contribuisce all'umore perennemente brontoloso della genitrice qui scrivente. Scarpe più grosse vuol dire anche più peso da spostare e quindi più fatica – non per me ma per il bimbo, ovviamente.....
Pensiamo poi all'autonomia, la tanto preziosa autonomia che certe mamme vorrebbero che il proprio figlio sviluppasse perchè non si può passare la vita a fare le badanti al figlio: ve l'immaginate cos'è abbottonarsi o allacciarsi le scarpe per chi ha grosse limitazioni/coordinazioni motorie?
Avete mai visto un costume da bagno per persone disabili? A parte che io lo trovo solo in una città diversa dalla mia di residenza, ma vi assicuro che è davvero un obrobrio.
E poi pensiamo agli accessori da carrozzina: per ripararsi d'inverno si userebbe appunto una specie di trapunta che avvolge le gambe e parte del bacino che si fissa alla carrozzina. Casualmente mi è capitato in mano un flyer di qualcuno che importa questi articoli dall'estero e la taglia più piccola costa, iva esclusa, la sciocchezza di 250 euro. Un poncho che non ha nulla di diverso da quello che usano i cacciatori, che serve a ripararsi dalla pioggia, se è per una persona disabile diventa per magia un articolo di lusso!
Potrei andare avanti, ma quello cui voglio arrivare: non ci vuole molto per parificare anche nell'abbigliamento e accessori le persone disabili – esistono i negozi per i mancini, non possono esistere negozi per chi ha esigenze speciali? Ma davvero su 60 milioni di abitanti del nostro Paese chi viaggia sulle ruote è una quota talmente infinitesimale da non meritarsi una fettina di mercato? Pensiamo alle ragazze, alle donne, neanche loro hanno diritto per esempio agli abiti da sera e devono arrangiarsi in qualche modo per le esigenze di tutti i giorni?
Qualche cosa si trova ma sono iniziative talmente isolate e diluite nel tempo:

1) L'idea di Camera commercio Milano e DfaDesign for all per singole persone
MILANO. Una cravatta che si annoda da sola, un gioiello certificato come etico che si può indossare con una mano sola, il corrimano non invasivo che «non c'è» per chi non lo usa. Sono alcuni dei progetti di prodotti innovativi presentati da piccole imprese milanesi al convegno «Idea Design for all», promosso dalla Camera di commercio di Milano in collaborazione con l'associazione Dfa che sta diffondendo una nuova cultura progettuale tesa a superare il design industriale tradizionale con prodotti che soddisfino le esigenze delle singole persone nella loro specificità: molto bassi, troppo alti, anziani, donne in gravidanza, invalidi.
«L'approccio Design for all consente alle aziende di ampliare il proprio mercato di riferimento con prodotti ad hoc per questi target che non sono piccoli», dice Alessandro Spada, consigliere della Camera di commercio. «L'obiettivo è aiutare le imprese, soprattutto medio piccole, a innovare per superare la crisi, migliorare la qualità estetica ed economica dei prodotti e diventare più competitive, acquisendo una nuova immagine e raggiungendo nuovi segmenti di mercato».
L'iniziativa è partita un anno fa con la selezione di cinque aziende della provincia di Milano che, grazie al supporto della Camera di commercio e al team di esperti dell'associazione Design for all, hanno partecipato a un percorso formativo che ha preso in esame l'ergonomia, il design e il marketing che stanno alla base dei progetti innovativi e le linee guida per realizzare un prodotto in grado di essere usato davvero da tutti. «Sono tutti progetti che verranno brevettati e lanciati presto sul mercato grazie anche agli strumenti acquisiti dalle imprese durante il percorso formativo.
di Carlo Arcari (da Italia Oggi del 02-12-2010)

2) Abbigliamento, il progetto Design for All
MILANO. Martedì 30 alle 17 presso Palazzo Giureconsulti verranno presentati i risultati del progetto Idea DfA: il primo progetto italiano di introduzione della metodologia progettuale Design for All nelle piccole e medie imprese. Il Design for All nasce da un'allarmante constatazione: la progettazione industriale tradizionale si rivolge ad un utente standard e così facendo penalizza fino al 95% della popolazione europea (la persona alta o bassa, quella con gli occhiali, le dita grosse o l'artrite, l'anziano ecc.). Il DfA offre risposte per superare questa penalizzazione: soddisfa persone con caratteristiche molto diverse tra loro, valorizzandole tramite prodotti di più facile, comodo e gradevole utilizzo. In collaborazione con l'associazione Design for All Italia, la Camera di Commercio ha offerto a cinque imprese un servizio di consulenza per implementare in azienda l'approccio progettuale Design for All. Durante il convegno i promotori del progetto e le cinque imprese presenteranno il percorso per l'implementazione della metodologia e spiegheranno come questo tipo di innovazione possa rappresentare una strada per la differenziazione dei prodotti. Info: www.mi.camcom.it/dfa; tel. 02.85 15 45 13; email: contributialleimprese@mi.camcom.it). (da Il Giorno del 25-11-2010)

Sempre cercando sul web ho trovato un articolo relativo alla foto che poi ho usato per questo post (caspita, ma è datato 2000!) e quest'altro sito che riguarda l'iniziativa di un'associazione. Sono sicura che esistono altre realtà ma non esiste un luogo, nemmeno virtuale in cui sono tutte riunite e che agevolino la vita quotidiana di tutti noi.
Vorrei che quello che ho scritto si tramutasse in semini, perchè non ci credo che non esistono persone che possono mettere in atto, per esempio, quello che hanno fatto due ragazze italiane (*): poiché il loro amico sulla carrozzina aveva esigenze specifiche per l'abbigliamento, hanno creato loro una linea. Esisterà anche qualcuno che ha una fabbricchetta che potrebbe produrre gli abiti in quantità da mandare poi ai negozi etc – oppure perchè no, affidarsi all'e-commerce, in quest'epoca ad alta tecnologia? Senza contare, poi, che le idee innovative e l'impegno vengono premiati.
........

(*) purtroppo non ho tenuto da parte l'articolo e non ricordo nessuna coordinata utile e seganalare quest'iniziativa.

mercoledì 12 gennaio 2011

Il diritto all'adultità



di Timeout

Ho letto, sulla rivista della Cooperativa La Rete, questo contributo del dr.Giovanni Gelmuzzi, presidente dell‘Associazione “Oltre noi….la vita” di Milano, tratto dal Convegno “La protezione giuridica. Luci ed ombre nell’applicazione della Legge 6/2004” e mi sembrava bello postarlo sul blog dei Genitori Tosti in quanto non solo condivido e mi rispecchio nelle sue parole, ma lo trovo di elevato interesse, soprattutto per quei genitori che hanno un figlio in età adulta e che si pongono domande sul futuro. Avrei anche molto piacere di leggere poi in seguito riflessioni e commenti da parte dei lettori.

IL DIRITTO ALL’ADULTITA’

Il compito di ogni genitore comprende il raggiungimento del traguardo dell’autonomia dei figli. Il figlio ha diritto a raggiungere una vita autonoma come frutto del processo di realizzazione di sé e la vita autonoma del figlio costituisce una legittima aspirazione del genitore in previsione del dopo di noi.
Un dopo di noi che riguarda tutti i genitori. Ogni genitore conta di veder sistemati i suoi figli. Solo così trascorrerà serenamente la sua vecchiaia. Ogni genitore conta che il figlio non dipenda più dalle sue cure e dal suo sostegno ma vada per la sua strada e magari lo chiami a passare dall’impegno di genitore all’impegno di nonno.
Il genitore che ha un figlio non autonomo nonostante abbia raggiunto, magari da diversi anni, la maggiore età permane nello stato di preoccupazione per questa precarietà destinata a protrarsi nel dopo di noi.
Ecco l’origine di quella situazione di angoscia che assale il genitore se nel durante noi non riesce a progettare, a sperimentare e possibilmente a consolidare quella che comunque, ineluttabilmente, dovrà essere la condizione di possibile autonomia del figlio. La condizione nella quale il figlio dovrà vivere senza i genitori.
Le reti dei servizi del territorio che hanno reso possibile negli ultimi quarant’anni la de istituzionalizzazione, hanno incluso nella rete i preziosi servizi offerti dalla famiglia, senza prevedere l’invecchiamento dei genitori e la inadeguatezza, per il processo di maturazione del figlio, del protrarsi di una vita “genitore-dipendente”. Una vita di figlio, magari cinquantenne, col genitore, magari ottantenne, ormai stremato di energie.
Ma questo è il volto del problema considerato dalla prospettiva e dal vissuto dei genitori.
Una prospettiva comunque da considerare non accettabile, essendo invece giusto che si rendano disponibili le risorse atte a realizzare un percorso di vita autonoma per un figlio con disabilità, senza continuare a gravare anche per un servizio assistenziale, su genitori che a loro volta non ce la fanno più.
Ma c’è anche la prospettiva pedagogica.
Una prospettica che ci porta a considerare il problema posto dal diritto di un figlio, più o meno penalizzato da disabilità, ad entrare nella dimensione della sua vita adulta. Purtroppo assistiamo ad una generalizzata situazione di affido alla famiglia fino al decesso dei genitori, cosicché il figlio dalla nascita alla morte del genitore sarà costretto ad una esperienza esistenziale di figlio, maturando in lui pertanto unicamente un’identità di figlio, senza alcuno stimolo a sviluppare una identità di adulto e le potenzialità di una vita indipendente. Una vita che possa realizzarsi in modo indipendente da quella protesi genitoriale nella quale facilmente si crea una identità simbiotica.
Quanti genitori sperimentano l’esistenza di capacità impensate nel figlio, in occasione di esperienze di vita condotta fuori casa; esperienze magari non programmate, ma determinate da cause di forza maggiore. Come potrà costruire un sé adulto per vivere la sua autonomia chi viene continuamente mantenuto nella esperienza di figlio?
Solo in quelle occasioni di esperienza di vacanza con la parrocchia o presso un servizio di educazione alla vita autonoma, il figlio si misura con una richiesta di organizzazione delle sue capacità di autonomia e con l’ambizione di dimostrare che è capace di farcela da solo! Nella quotidiana esperienza di vita famigliare, peraltro così ricca di sostegno affettivo e di risposte a bisogni particolari, manca invece questa sollecitazione a farcela da solo, a conquistare spazi di autosufficienza e di autonomia verso una dimensione di un io adulto. Con papà e mamma il figlio anche di quarant’anni, permane quotidianamente nella esperienza di figlio accudito da genitori premurosi, che si prodigano per prevenire ogni suo bisogno e che a volte preferiscono fare piuttosto che far fare, anche solo perché così facendo si perde meno tempo.
Traumatico sarà per quel figlio che ha vissuto nella condizione di “genitore-dipendente”, il dover entrare nella dimensione di vita fuori casa e quindi assumendo l’identità di adulto soltanto in occasione del venir meno della famiglia. Traumatico sarà per lui l’essere condotto in una dimensione di possibile vita autonoma nel momento di massima fragilità emotiva e psicologica determinata dalla perdita del genitore!
Quanto sarebbe stato meglio che il progetto e l’esperienza di vita autonoma fosse stato gestito dai genitori anziché da un servizio sociale!
Servizi e supporti per il progetto di vita autonoma! Il genitore deve essere aiutato a progettare un percorso per una possibile vita autonoma per il figlio e deve essere aiutato anche psicologicamente a proporre al figlio la maturazione di capacità che lo rendano più autonomo collocandolo gradualmente fuori da questa simbiosi spesso favorita dal genitore a causa di quel suo sentirsi indispensabile; di quella certezza che non potrà mai farcela da solo. Un sentire e una certezza che dovranno ineluttabilmente fare i conti con le conseguenze del fatto che il genitore invecchia e dovrà comunque lasciare il figlio.
Il genitore deve essere aiutato affinché nel “durante noi” possa veder “sistemato” anche questo figlio. E questo compito che è compreso nella mission del genitore non deve essere rinviato al dopo di noi e di conseguenza gestito da altri.
E per aiutare questi genitori chi e con quali strumenti si deve intervenire? I servizi e le loro risorse devono dare risposta puntuale ed efficace a questo bisogno del genitore e devono rispondere al bisogno, altrettanto legittimo, di consentire a un cittadino, ancor più se fragile, di organizzare la sua vita adulta.
Le normative, i servizi sociali, le risorse e spesso anche la cultura degli operatore ci sembra si basino sull’idea che il “dopo di noi” sia un problema da affrontare quando i genitori non ci saranno più.
Si prevedono interventi per il “dopo”, mentre occorre prevedere servizi del “durante” in previsione del “dopo”.
Si deve pensare a facilitare percorsi di vita autonoma per persone fragili che non potranno farcela da soli perché è un loro diritto e perché soli sono destinati a rimanere.
Giovanni Gelmuzzi

domenica 9 gennaio 2011

Chi paga il conto finale?


Di ieri la notizia, pubblicata da vari quotidiani e siti, della truffa messa in atto da un'associazione la cui mission era l'aiuto economico ai bambini "malati".
Leggiamo il comunicato Ansa: "LECCE, 8 GEN - Una inchiesta per truffa aggravata è stata avviata dalla guardia di finanza nei confronti di una associazione onlus di Lecce, Angeli Azzurri, che raccoglie fondi per l'assistenza a bambini colpiti da gravi malattie.
L'associazione avrebbe destinato realmente ai bimbi solo il 5% del denaro raccolto. Il presidente dell'associazione (che ha diramazioni in varie regioni d'Italia), un uomo di 63 anni di Taranto, è indagato per truffa aggravata in concorso con altre persone. Tra il 2005 e il 2008 l'associazione avrebbe raccolto 532.000 e ne avrebbe donati solo 28.000
".
Facendo un giro in rete si trovano vari articoli che riprendono questo comunicato e oggi la notizia è stata data anche al TG5 delle 13.
Siamo in una congiuntura, non solo economica, di crisi. Lo Stato, tra le sue varie manovre, ha tentato anche di tagliare i fondi del 5X1000 destinati alle ONLUS.
Sappiamo tutti com'è andata a finire, il fondo è stato ripristinato ma con il tocco di chi probabilmente non sa che cosa sia il terzo settore, cosa faccia e perchè anche 10 centesimi sono preziosi per quest'esercito di volontari.
Ma che cos'è una ONLUS?
L'acronimo significa "Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale". Anche una società sportiva o un'associazione culturale possono essere ONLUS. Lo status di ONLUS può averlo chiunque se nello statuto di fondazione del suo ente presenta i requisiti richiesti. Per ottenere questo status bisogna appunto presentare domanda di iscrizione in appositi registri (regionali, nazionali). Solo dopo l'approvazione, un ente (associazione, circolo, fondazione etc.) può fregiarsi appieno di questo status, in poche parole tutto ciò che fa lo fa in piena legalità.
Succede che ci siano associazioni che magari sbarcano in rete o su FB sventolando l'acronimo e magari anche il CF e sempre un numero di conto corrente cui fare le donazioni per supportare i meritevoli progetti che hanno avviato. Piccola precisazione: avere un numero di CF non vuol dire essere un'associazione a tutti gli effetti.
Raccogliere soldi, cioè fondi, è praticamente lo scopo di una Onlus, ma ovviamente ci sono delle regole precise da rispettare e tutta una serie di carte da compilare e spedire..... inoltre per correttezza e secondo quel principio chiamato "trasparenza" un ente ha il dovere di informare anche sui centesimi che raccoglie e dimostrare che questi soldi vengono effettivamente impiegati per il progetto presentato. Infine: una raccolta fondi non può durare all'infinito, perchè per legge si deve quantificare il periodo di durata, scaduto il quale non è più lecito chiedere alcunchè. I soldi che poi avanzano oppure che non vengono impiegati devono essere restituiti.
Un donatore ha il diritto di sapere come sono stati impiegati i suoi soldi, perchè non si tratta di elemosina.
E adesso veniamo al caso particolare: chi meglio di noi, che abbiamo figli disabili sa quanto sia costoso garantire al proprio figlio tutto ciò di cui necessita, ma proprio perchè dobbiamo informarci su tutto sappiamo anche che il nostro SSN passa le terapie (se riconosciute), gli ausili etc rimborsa ogni tipo di intervento anche all'estero (se in centri di alta specializzazione); ogni Comune di residenza poi mette a disposizione tutta una serie di sussidi e aiuti – certo poi la burocrazia è killer, ma questi interventi esistono.
Quindi, quando leggiamo che si raccolgono soldi per finanziare uno o più bambini che devono fare un "costoso" intervento all'estero oppure sottoporsi ad una terapia miracolosa che si effettua solo in un centro al mondo oppure che, a causa dell'indigenza della famiglia, serve il montascale o la carrozzina o quant'altro cerchiamo di verificare se effettivamente siano appelli veritieri o come spesso accade squallide bufale.
Nessuna associazione che opera nella legalità verrà mai a telefonarvi per chiedervi un contributo che potete magari elargire al fattorino che la zelante telefonista vi può mandare "anche subito": ogni donazione può essere dedotta dalla dichiarazione dei redditi se fate un versamento tramite bollettino postale o bonifico bancario; le ricevute fatte su quei blocchetti numerati che portano pure il timbro dell'associazione non valgono. Così come lasciare le monetine del resto nel salvadanaio, appositamente guarnito di foto esplicativa, nei negozi.
Un augurio che faccio per questo 2011 è che finalmente si incominci a premiare tutte quelle persone che davvero si spendono per gli altri e che spesso devono faticare più del dovuto perchè ci sono troppi che si aproffitano di certe lacune, della credulità della gente, speculando in maniera inqualificabile.
Per verificare se un'associazione esiste realmente ed è riconosciuta basta cercare nei registri appositi oppure fare una telefonata all'Agenzia delle Entrate.
Premiamo i progetti REALI, che davvero aiutano e migliorano la società.

giovedì 6 gennaio 2011

Scuola 2011, partiamo nel modo giusto


Come avevo scritto qui ormai per quest'anno (scolasticamente parlando) i giochi sono fatti.

Però si può pensare di giocare al meglio il prossimo torneo - in questo periodo ci sono le preiscrizioni per gli ordini successivi, per esempio, e per chi invece ha un figlio che sta continuando un ciclo, può pensare di predisporre ogni intervento in modo che a settembre non si debba più sentire o leggere cose come:

manca l' insegnante di sostegno,

hanno ridotto le ore,

non danno l'oss,

non fanno il trasporto,

non ci sono gli ausili,

devo riprendere il bimbo all'ora di pranzo,

non c'è lo scivolo/l'ascensore,

non c'è il parcheggio,

non c'è il GLH,

non c'è il PEI

e via di queste assurdità.

Siamo, come genitori, ma anche come persone che pensano che i diritti non siano optional, stufi di sentire ogni anno le stesse solfe, le stesse imprecisioni, le stesse proteste che, se pur leggittime, sul piano concreto non hanno portato a nulla. Per cambiare le cose bisogna impegnarsi e prima di tutto un genitore ha il dovere di informarsi a puntino.

Avete poca confidenza con il computer? Bene: esistono ancora i telefoni e potete telefonare a una delle innumerevoli associazioni presenti nel nostro Paese e chiedere informazioni.

Non vi rispondono?

Andateci di persona.

Quello che possiamo fare noi e che dal 2008 facciamo è mettere in rete le informazioni, attraverso questo blog, il forum e ora anche la pagina del gruppo su facebook.

Per esempio: una bella notizia, che andrebbe sfruttata, è quella postata qui.

Non credo sia difficile esportare questo tipo di iniziativa in altre città.

E sarebbe bello che ci fossero corsi per insegnanti anche per bambini con altre esigenze, perchè i tempi sono cambiati, così come i modi di comunicare ed insegnare, pure, e la tecnologia sta diventando una componente imprescindibile da tutto ciò - pensiamo solo al computer e al software che serve al computer che possono usare i nostri figli che magari non possono tenere in mano la penna o magari manco la vedono, i nostri figli che sono sordi o muti o hanno ritardi di varia natura.

Non possiamo pensare di perdere ancora tempo prezioso, energie e salute (quant'è logorante trovarsi ad interagire in quelle situazioni che ben sappiamo?) e in ultimo soldi, tanti soldi, per sanare delle situazioni di cui nessuno sembra voglia farsi carico ma che, alla fine, pagano i nostri figli e basta, perchè chi rimane indietro sono loro.

Come genitore non sono più disposta a sentirmi fuori dal mondo nè a dover pensare un mondo "diverso" in cui posizionare mio figlio solo perchè "l'ignoranza danza": il mondo è uno, le persone sono tutte uguali e hanno gli stessi diritti.

Per chi deve iscrivere il proprio figlio/a per la prima volta: andate a parlare con il/la dirigente, visitate la scuola, procuratevi il POF - in internet si trova tutto: le scuole dirette da persone che sanno fare il loro lavoro, inseriscono anche tutto quello che riguarda la disabilità. Individuate i referenti per la disabilità in ambito scolastico- istruzione: esistono gli esperti H anche negli USP, al Comune, alla Provincia, In Regione.

Predisporre il tutto adesso significa garantirsi un anno scolastico senza pensieri e garantire al proprio figlio quello che gli spetta.

Certo, magari non saranno tutte rose e fiori, ma allora, confrontandosi con altri genitori e condividendo, forse la soluzione si trova.

Chi l'ha scritto che dobbiamo sempre patire ogni pena per tutto? Facciamo danzare un po' di cultura, suvvia.

martedì 4 gennaio 2011

Fortuna, miracoli, uaca e pata u

FOTO: immaginatevi un bel piatto di tagliatelle al Ragù, la foto che avevo scelto pare dia fastidio all'autrice che stia qui e ho dovuto rimuoverla. Orsatosta, 12 novembre 2011

Dal limbo in cui ci troviamo non abbiamo granchè da dire se non essere positivi ed ottimisti al massimo e, quando le cose si saranno risolte, sicuramente avremo tempo per ogni cosa ;)

Ci stringiamo tutti intorno a mresciani, che le cose vadano al meglio! Un pensiero anche agli altri GT, più o meno presi.

Fortuna che c'è mio figlio, che mi rinnovella la gioia quando mi dimentico e mi testimonia che vale sempre la pena di non mollare: come fai a riconoscere una canzone, in inglese oltretutto, solo dalle prime due note e ti metti a cantarla? Come fai a riconoscere un piatto solo dal profumo? Piccolino, sono contenta che ci sei e che hai scelto noi come mamma e papà.

Tra le tante cose che sto leggendo, questa che vi copincollo mi è piaciuta molto e ve la giro, è apparsa su L'Eco di Bergamo di oggi, ma non so dire chi l'abbia scritta perchè non era riportato. Peccato, perchè chi scrive merita assai.

Vi domanderete perchè ho scelto la foto che ho scelto..... quella è la "pata u", cioè la pasta al ragù, come dice il mio piccolino :)



"Potrei commentare in silenzio, ma non lo faccio, perché in veste di disabile mi sento tirato in causa. Io con la disabilità ho una lunga consuetudine: sono stato 11 mesi in cura al Centro di riabilitazione motoria di Mozzo, ci ritorno per controlli, incontro e conosco tante persone.
È il periodo natalizio e una storia a lieto fine è una ghiotta occasione per vendere i giornali. Monique, 26 anni, olandese, è su tutti i quotidiani. Dopo tredici anni passati su una sedia a rotelle, adesso cammina. Come un tarantolato, passo in rassegna tutti i giornali e più leggo più spero che l'ultimo amico conosciuto a Mozzo non lo faccia. I giornali raccontano che questa ragazza olandese, biondina, a tredici anni ha avuto un incidente giocando a hockey e, in seguito a un intervento chirurgico non andato a buon fine, è rimasta paralizzata prima ad una e poi all'altra gamba. Capisco che un articolo di giornale non può essere un trattato clinico, ma penso debba lasciare almeno un messaggio positivo, tanto più se si tratta di una storia di disabilità a lieto fine: quanta forza di volontà, quanto sacrificio e impegno nella riabilitazione hanno portato Monique a lasciare la carrozzina? Nessuna spiegazione scientifica o medica di quello che è successo. E ancora: capisco che si fa dell'ironia, ma mi sembra troppo scrivere «sfortunatamente lascerà la sua disabilità». Questa ragazza, che dai viaggi in tutto il mondo si è portata a casa popolarità, medaglie, record del mondo, non potrà più correre in hand bike (bicicletta con pedalata a braccia) perché non più disabile… Capisco il suo dispiacere nell'abbandonare il piacere della vittoria, ma vorrei dire ai giornalisti che la ragazza, oltre che salire su una bici normale, potrà salire ancora sull'hand bike, nessuno potrà impedirglielo.
Il ragazzo che ho conosciuto a Mozzo ultimamente ha più o meno l'età di Monique e, salvo miracoli, passerà il resto della vita in carrozzina, per un incidente stradale. Negli istanti piacevoli nel bere un caffè insieme, non fa altro che dirmi che preferirebbe essere morto che restare seduto su una sedia a rotelle per sempre. Essere capace di dire quello che per lui è giusto, quello che vorrebbe sentirsi dire, è impresa titanica. Gli dico solamente, guardandolo negli occhi, che la vita è bella e vale la pena viverla. Se ne va piangendo, lasciandomi in mano il bicchierino vuoto del caffè. So che Gesù fa i miracoli, ma il perché non lo so. Sarebbe bello mettersi in coda con la carrozzina e, anche aspettando tredici anni, portarla in discarica a piedi, ma, aspettando il nostro turno, invecchieremmo senza renderci conto di quello che ci circonda. Ho messo sottosopra l'edicola, Loretta, la proprietaria mi maledirà. Non c'è un articolo che, a proposito di Monique, parli di felicità nel tornare a camminare. Scuoto il mio testone pelato, guardo la foto di questa biondina, in piedi vicino alla sua carrozzina; le auguro tutti i successi che ha avuto da disabile anche nella sua nuova vita da abile. Non invidio lei: invidio quella meravigliosa carrozzina in lega superleggera con ruote a profilo alto e senza maniglioni per la spinta. Costerà più o meno 6-7.000 «eurini». Ora è senza padrone, peccato non sia della mia misura, questa sì è la vera sfortuna di essere disabili."