giovedì 26 febbraio 2009

GIORNATA DELLE MALATTIE RARE. MA QUAND’’E???????????

Internet è una meravigliosa risorsa, che ti permette di acquisire ogni informazione si cerchi e al contempo permette la circolazione delle informazioni in tempo reale OVUNQUE, nel medesimo momento.
Perciò se uno volesse far sapere qualcosa tramite internet, ci mette un attimo.
Facendo ricerche sul web, sul sito di UNIAMO si legge che il 28 febbraio si celebrerà la seconda giornata dedicata alle malattie rare; sul sito di Superabile invece, si legge che in occasione della suddetta giornata, che si terrà il 27 febbraio, l’ISS lancia un appello affinché chi soffre di una rara patologia non continui a rimanere “invisibile”.
A parte l’ovvia domanda “quand’è precisamente questa giornata?” quella susseguente è: chi ne ha parlato finora, tra i media? E quali sono le iniziate promosse per sensibilizzare l’opinione pubblica nazionale?
A corollario: voi mezzo milione di italiani (e vostri familiari) che ne siete affetti, state tranquilli, l’epilessia è come il raffreddore, con buona pace dell’informazione scientifica CORRETTA (seppur divulgativa).

giovedì 19 febbraio 2009

S.O.S GENITORI!

Riprendo, nella speranza di amplificare, e quindi agevolare, la richiesta di trovare “altri come noi”, fatta da due genitori che hanno scritto al sito oltrelebarriere.net
Due parole ai gestori di questo fantastico blog che informa a 360° sul mondo della disabilità in Italia: grazie, SIMONA e SIMONE per quello che fate.

I nostri figli hanno la CMT(*), neuropatia degenerativa che colpisce arti inferiori e superiori in modo più o meno grave a secondo della forma. La forma dei nostri pargoli è sicuramente grave, ma non ancora catalogata. Restiamo in attesa di successivi esami del DNA, per avere almeno a grandi linee un’idea sulla sua progressione.
Vogliamo condividere le nostre esperienze nel campo della sanità e in esso nel settore della disabilità.
Quando iniziammo ad appoggiarci al SSN e nella fattispecie alla nostra ASL, eravamo convinti della supremazia della vita e della vita infantile.
Ci siamo sbagliati: la burocrazia ci governa e ci governa male.
Siamo stati aiutati dal passaparola di genitori, dalle esperienze condivise e da Internet.
Siamo approdati ad Ariccia (Roma), tramite il Gaslini, in cui esiste un fatiscente ospedale, (sembrerebbe in perenne ristrutturazione), lo Spolverini, dove opera praticamente in solitudine, con mezzi costruiti artigianalmente e ahimè senza condividere la sua esperienza con altri fisioterapisti e fisiatri, una dottoressa fisioterapista che si occupa in maniera quasi esclusiva di post-polio e neuropatie.
Prima di conoscerla i nostri figli non avevano mai visto altre persone con la loro disabilità e (lo capiamo pienamente a posteriori) avevano paura dell’incognita che è il futuro.
Hanno conosciuto altri bambini con CMT, hanno parlato con adulti appagati e sereni o comunque non domi. Nostra figlia ha fatto domande sulla maternità, sulla quale forse aveva paura anche a soffermarsi; nostro figlio, più piccolo e più spaventato, ha iniziato un processo di consapevolezza che sta aiutando lui e, permettetecelo, anche noi.
La fisioterapia praticata dalla dottoressa Esposito è rivoluzionaria e completamente diversa da quella praticata fino a un anno fa dai nostri figli. Fa lavorare la muscolatura ancora attiva per contrastare non la malattia, ma gli effetti posturali che essa comporta. Non fa miracoli, ma ha fatto cambiare i tutori di nostra figlia affinché si preservassero non i piedi ma ginocchia ed anche e che, non ultimo, hanno permesso che per la prima volta in vita sua calzasse degli stivali.
Il day-hospital dura almeno una settimana e lo affrontiamo ogni qualvolta vediamo cambiamenti peggiorativi nei nostri figli.
Siamo appena tornati da Roma con l’idea che forse la drastica riduzione dei fondi per i disabili, il decentramento sempre più esasperato e cieco della sanità e la mancanza di comunicazione tra chi tratta i nostri figli, ci porterà ad un futuro dove Carolina Esposito si sarà stancata di lottare per continuare a lavorare (ed ottenere insperati risultati) sui disabili senza far girare cifre da capogiro e costosi macchinari americani o brevetti inviolabili o ancora “doverose” visite private. Un futuro in cui non avremo più la possibilità di andare a far terapie “semplicemente fisioterapiche” fuori regione a carico dell’ASL e probabilmente senza tutti i permessi da L.104 che ci permettono di assentarci così frequentemente dai nostri lavori i quali comunque ancora ci danno da vivere.
Il nostro primo obiettivo è ora quello di farci sentire e confrontarci, perché anche noi siamo genitori tosti, quasi come i nostri incredibili figli.
Accogliamo quindi a braccia aperte le esperienze di persone che hanno familiarità con la CMT, con le quali condividere un cammino medico e soprattutto umano.
(*) sindrome di Charcot-Marie-Tooth

mercoledì 11 febbraio 2009

SUPERGENITORI E CIALTRONI



Il bambino nella foto si chiama Reuben, è inglese, 8 anni ed è il protagonista della storia che potete leggere qui
Rinfranca leggere queste notizie di genitori tosti!
Ci sconvolge, invece, la speculazione che alcuni possono fare sulle malattie rare/patologie altamente invalidanti e sui bambini che ne sono affetti, nella fattispecie questo fenomeno che già abbiamo segnalato, e cioè l’ossigenoterapia in camera iperbarica, che centinaia di genitori italiani fanno fare ai loro figli in Florida.
Tra fine gennaio e i primi giorni di questo mese a Milano, Jesolo, Lecce e Salerno si sono tenuti dei meeting organizzati dai proprietari di questo centro (che, ricordiamolo: non è una clinica, né un ospedale quindi neanche un centro di alta specializzazione) per pubblicizzare questa “terapia” e quindi procurarsi ulteriori clienti; vi basti sapere che le cartelle cliniche dei bambini venivano semplicemente ritirate e la risposta sulla possibilità o meno che il bambino potesse essere idoneo per l’OTI sarebbe stata comunicata in seguito.
Il meeting di Salerno però era un contesto leggermente diverso dalla semplice riunione: organizzato da un’associazione locale, che ha come mission la solidarietà per i bambini “svantaggiati” e con il concorso di rappresentanti istituzionali. Tra i medici presenti c’era anche uno dei componenti del consiglio direttivo della SIMSI cioè il primo organismo medico italiano nel campo della medicina iperbarica.
Da quel che sappiamo è successo un putiferio in quanto, questo medico – a quanto pare l’unico in sala che poteva parlare con cognizione di causa - ha spiegato in cosa consiste il metodo americano, diciamo, facendo trasecolare i 300 genitori presenti e ridurre al silenzio gli emissari di questo centro.
Per ulteriori dettagli leggete qui , a partire da pag 81, subito sotto quest’intervento:
Salve a tutti,
il mio nome è Massimo Malpieri, sono medico specialista in Anestesia e Rianimazione ed in Medicina Subacquea ed Iperbarica, Direttore del Centro Iperbarico della Repubblica di San Marino, che a breve inizierà ad essere operativo nel settore delle patologie neurologiche dell'adulto e dell'infanzia; faccio parte del Direttivo della SIMSI con la qualifica di revisore dei conti, mi occupo prevalentemente di Medicina Subacquea ed Iperbarica da oltre 30 anni e vorrei fare alcune precisazioni su quanto ho letto sino ad ora.
Ritengo fondamentale innanzitutto esprimervi tutta la mia ammirazione per la vostra forza ed il vostro amore, siete veramente forti.
la terapia iperbarica nelle PCI e in tutte le altre patologie neurogiche ad oggi non ha ancora fornito una documentazione scientifica tale da poterla far ritenere strumento terapeutico di consolidata validità scientifica anche se i vantaggi ci sono e sono anche molteplici. Certamente non è il rimedio fondamentale ma un utile strumento di supporto che assieme alle altre discipline specialistiche può contribuire al miglioramento delle aspettative di vita dei nostri piccoli amici.
Intendiamoci bene, i protocolli terapeutici dei colleghi americani sono quano meno ridicoli, in quanto usano comprimere al massimo a - 3 metri, cioè a dire che gli effetti dell'ossigeno respirato a tale pressione sono pressochè insignificanti, rispetto a quelle che sono le indicazioni terapeutiche all'uso dell'OTI; infatti per avere qualche risultato la pressione operativa deve almeno superare i -5 metri (1,6 ATA - Atmosfere Assolute), a tale pressione la respirazione di ossigeno per 60 minuti può dare buoni risultati in termini di ossigenazione cerebrale, andando ad agire su quella che in termini tecnici viene definita la penombra lesionale, cioè la zona di tessuto nervoso posta ai margini della lesione e che può essere "risvegliata" nelle sue funzioni primarie; è opportuno ricordare poi che l'OTI aumenta le cellule staminali in circolo rinforzando la capacità di rigenerazione dei tessuti lesi.
Indubbiamente l'ammissione al trattamento và valutata con la massima "pignoleria" proprio perchè si tratta di pazienti molto particolari (ad esempio pregressi episodi convulsivi e/o epilettici sono una controindicazione assoluta al trattamento OTI) ed estremamente fragili.
Nei nostri protocolli è prevista, per ogni ciclo terapeutico, la presenza di personale medico o infermieristico (in funzione dei pazienti) e ovviamente di un genitore del piccolo paziente; con i bambini più collaboranti utilizziamo delle mascherine per gli altri dei caschetti.
per il momento mi fermo qui, ma sono sicuro che avrete molto da chiedere, sono a vostra disposizione.

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Molti genitori sono all’oscuro dei gravi effetti collaterali che questa “terapia” può avere, soprattutto nei casi di epilessia, la cosiddetta Sindrome di West. C’è qualche epilettologo in linea che se la sente di intervenire nel forum e spiegare che l’epilessia non si cura con l’ossigeno pressurizzato?

Comunicazione di servizio: mammatosta@gmail.com

sabato 7 febbraio 2009

DOVE CI SI SVEGLIA

Ci sono 10 moduli abitativi, e a ciascuno hanno dato un nome. Tipo: «Vedo», «Sento», «Esisto», «Cerco», «Sogno».
I nomi li ha scelti il comico Alessandro Bergonzoni, che a questi ragazzi vuol bene, e quando passa di qui ci si fa delle gran risate. Sono nomi gentili, quelli dei «moduli»; ma è come se fossero accompagnati da un punto esclamativo. Dietro ciascuno di essi si sente la voglia, una voglia pazzesca, di farcela. Altro che eutanasia.
Al modulo 5 hanno dato per nome questo: «Scelgo». Simone, che ha 18 anni, ed è di Pontedera, abita qui. Un ciuffetto di capelli neri, il buco della tracheostomia ancora da rabberciare, gli occhi neri persi nel vuoto, la bocca che si muove a scatti, come se volesse articolare parole che non vengono. Un incidente stradale, roba dell’anno scorso. Le mani, rattrappite, stringono due cuscini. C'è la mamma, vicino a lui, e le foto degli amici alla parete.
Cristian, così, senz'acca, invece è già andato a casa. Si è fatto due anni tra coma e stato vegetativo. Poi un bel giorno si è svegliato, e per farla breve ecco cos'è successo: che al primo esame, all'università di Ravenna (frequenta un corso di restauro) ha preso 26.
Quelli come Cristian, una volta li buttavano.
Se sono vivi, Simone, Cristian e gli altri, un po' lo devono a Fulvio De Nigris, 55 anni, addetto stampa del Comune di Bologna, da 9 anni distaccato all'associazione «Gli amici di Luca» per il progetto «La casa del risveglio».
Luca era suo figlio. Gli morì a 15 anni, nel '98. Un'operazione andata male. Il coma, lo stato vegetativo, un dito che comincia a muoversi dopo otto mesi di dai e dai, i primi segni del risveglio. Poi, la notte fra il 7 e l'8 gennaio del '98, Luca muore nel sonno.
Ci sono fatti, quando toccano a te, che ti ribaltano la vita. Molti se ne fanno travolgere, e restano increduli, inebetiti, e poi maturano una furibonda, gelida incazzatura. Come Giuseppe Englaro, il padre di Eluana. E ci son quelli che si rigirano tra le mani il grumo nero di questa tragedia che gli è piombata addosso come un direttissimo e si domandano se dentro il grumo nero non ci sia un segno da scoprire, una scintilla che indichi una strada, un percorso, un'epifania che aspetta di essere disvelata. Fulvio De Nigris è di questi.
Anche a lui avevano detto che non c'era niente da fare; che quel bambino non ce l'avrebbe fatta. «Ma io trovavo ingiusta, inaccettabile quella diagnosi così certa, così sicura, su una cosa che certa non è» dice ora, affondando la barba nel petto.
La «Casa dei risvegli», intitolata a Luca De Nigris, è nata così: da una incazzatura con la vita, ma girata in positivo, alla cerca di un risarcimento da parte della vita. La struttura, sorta accanto ai padiglioni dell'ospedale «Bellaria», a San Lazzaro, è magnifica, bella e funzionale. Con la palestra, la piscina e il laboratorio teatrale. Perché anche il teatro, e la musica, servono a innescare certi processi di riabilitazione.
Mentre De Nigris mi parla, dalle stanze aperte dei «moduli», che poi sono degli appartamentini impeccabili con comodo di giardinetto e il divano letto per i familiari, si sentono le voci delle mamme: «Marco... Marco...» chiama una. Chiama da mesi. Un'altra, indicandomi al figlio: «Questo è un giornalista, guarda. Anche tu un giorno tornerai a scrivere, vero?». Ci sono due occhi che si girano verso di me, ma mi attraversano senza vedermi. E il magone è duro da mandar giù.
Eutanasia? «Inorridisco a sentire la parola - dice Fulvio De Nigris -. Io capisco il padre di Eluana, ma noi abbiamo fatto un'altra scelta. È la battaglia della vita che ci interessa».
E ancora: «Il coma è una malattia della famiglia. Non sta male solo chi è laggiù, sprofondato in un letto. Perciò, se una famiglia vuole essere aiutata a sperare, io dico: perché no? E un'altra cosa dico: che ne val sempre la pena».
articolo da Il Giornale, scritto da Luciano Gulli - 18.10.2007
qui l'originale.

martedì 3 febbraio 2009

LOGOPEDIA? NON E’ MAI “PRESTO”!

Cediamo volentieri la tastiera a chi può illustare con cognizione di causa alcuni aspetti sulla logopedia; invitiamo i genitori a visitare il sito linkato sotto e/o a porre tutte le domande, commenti, testimonianze, come al solito.

In riabilitazione non esiste il “presto”.

Purtroppo, spesso, c’è ancora il “tardi”.

Partiamo da queste due brevi frasi per cercare di capire che cosa di assurdo e dannoso accade ancora in Italia nella gestione terapeutica abilitativa dell’handicap (e chiamiamolo con il suo vero nome, senza penose perifrasi).

Nella maggior parte dei casi, chi si rivolge con un bambino di pochi anni di età, agli operatori -che serebbe più consono definire “burocrati” delle asl- preposti all’erogazione delle sedute di riabilitazione, si sente rispondere che è ancora “presto” per avviare un trattamento logopedico, e che il bambino deve prima maturare determinate capacità attentive, cognitive, relazionali…

Non a caso non ho specificato con quale tipo di patologia viene avanzata una richiesta di logopedia poi disattesa da chi dovrebbe invece accoglierla. Non l’ho specificato perché la necessità di un intervento tempestivo, direi anche immediato, vale per tutte le situazioni in cui è richiesto un trattamento abilitativo. E’ comprensibile, poi, che tale necessità diventi ancora più pressante se si parla di sordità profonda, di autismo, di paralisi cerebrale.

La situazione di mancata tempestiva erogazione di trattamenti precoci, viene poi ulteriormente aggravata dall’ignoranza in materia di numerosi appartenenti ad altre categorie professionali, primi tra i quali, i pediatri ed i logopedisti stessi, di cui molti sono i primi a non sapere quanto sia importante agire al più presto per ottenere risultati determinanti per il recupero di un handicap.

Alla base di queste gravi mancanze io vedo la disinformazione, la presunzione (strettamente collegata all’ignoranza), la mancanza di volontà di studiare, aggiornarsi e mettersi costantemente in discussione.

Basterebbe che i pediatri di base, i burocrati delle asl, i logopedisti che vivono esclusivamente per attendere lo stipendio di fine mese, si documentassero su quali sono tutti i campi di azione della logopedia, e su quali brillanti risultati si possono ottenere lavorando precocemente, intensamente, ed in modo competente su qualsiasi tipo di handicap, per veder cambiare significativamente le possibilità di recupero di tanti bambini.

L’assurdo è che al giorno d’oggi, molti preferiscono ancora negare l’esistenza di clamorosi recuperi nel campo dell’autismo e delle paralisi cerebrali, definendo visionari e bugiardi quelli che li ottengono e lo rendono noto, piuttosto che guardarsi intorno e constatare ciò che invece è possibile ottenere operando tempestivamente, alacremente e con professionalità. Ma tutto ciò è scomodo. Scomodo per gli “erogatori” da scrivania e per i pediatri di base, che dovrebbero alzarsi dalle loro poltrone, uscire dagli uffici, ed andare a toccare con mano i successi di chi lavora applicando i criteri di temepstività e competenza; scomodo per i logopedisti e per gli altri terapisti che hanno come obiettivo unico il suddetto stipendio fisso e non certo la qualità del lavoro, il cui incremento comporterebbe anche un aumento di impegno, di sforzi, nonché di aggiornamento. Certamente è più facile trattare il bambino con qualche difetto di pronuncia, o con ritardo al quale non sono state date speranze, piuttosto che rimboccarsi le maniche su una paralisi cerebrale o su un autismo caso mai aggravato anche da comportameti aggressivi…

Per quanto riguarda l’ignoranza su ciò che realmente può essere trattato con la logopedia (ignoranza che mai, comunque, è giustificabile), va detto che ancora oggi la logopedia viene vista -o la si vuole vedere- soltanto come una possibilità di correzione di un linguaggio già esistente, e preferibilmente da realizzare su di un bambino che sia tranquillo e collaborante. E questo è l’errore (in buona parte voluto) più diffuso anche tra gli stessi logopedisti; errore che preclude i maggiori e più importanti recuperi nell’ambito delle patologie più impegnative.

Logopedia non è dunque soltanto un aggiustamento di forme espressive già esistenti.

Un intervento foniatrico-logopedico correttamente inteso e realizzato, comprende una presa in carico globale di un individuo con problemi di comunicazione, laddove con questo termine intendiamo una serie di inadeguatezze riguardanti uno o più di uno tra i livelli percettivo, cognitivo, comportamentale, motorio-espressivo. Una presa in carico precoce, direi immediata, di un bambino danneggiato in una o più aree di quelle citate, può sortire effetti sorprendentemente brillanti. Una funzione percettiva, cognitiva, motoria… che è stata lesa, alterata, interrotta, ha tante maggiori speranze e possibilità di essere recuperata, quanto più presto, più intensamente e più adeguatamente si interviene per riattivarla e farla rifunzionare nella giusta direzione e nelle corrette modalità. E’ un principio fondamentale di ogni forma di riabilitazione, putroppo ancora disatteso e tradito da tanti indegni operatori del settore.

Infine una nota di speranza anche per i soggetti di età più avanzata, a loro volta vittime di un luogo comune secondo il quale, oltre un certo numero di anni, non è più il caso di intervenire perché non ci sono possibilità di recupero (tra l’altro, a farci caso, quando il bambino è piccolo si dice che “è presto” per cominciare la logopedia; quando è più cresciuto, gliela si rifiuta perché “è tardi”). Nell’ultimo decennio, infrangendo questo diffuso atteggiamento non interventista, abbiamo aperto le porte della logopedia anche a pazienti di età adolescenziale e adulta, con esiti di paralisi cerebrale e sindromi autistiche. La piacevole sorpresa è stata quella di constatare che, pur non raggiungendo gli stessi brillanti risultati ottenibili con interventi realizzati su bambini di pochi anni di vita, tuttavia nei più cresciuti si riusciva comunque ad attivare funzioni (in alcuni casi anche quella linguistica) che solitamente si davano per irrecuperabili.

Necessiterebbe dunque un più equilibrato atteggiamento prognostico ed interventista da parte di chi opera nella riabilitazione, assumendo una posizione che, lungi dall’essere trionfalmente eccessivamente ottimistica, sia tuttavia più aderente ad una realtà arricchitasi della constatazione di brillanti successi raggiunti da chi, abbandonando atteggiamenti rinunciatari e sedentari, si è rimboccato le maniche dimostrando che lavorando tanto, presto e bene, si possono ottenere risultati che molti ritengono ancora impossibili.

Prof. Massimo Borghese - Foniatra
www.massimoborghese.it

Letture consigliate: Autismo. Nuovi aspetti diagnostici e terapeutici. Di Massimo Borghese.

Il libro -richiedibile direttamente all’Autore via mail- tratta in una visione moderna, completa e aggiornata, gli attuali temi della riabilitazione logopedica, anche relativamente ad altre patologie diverse dall’autismo.

domenica 1 febbraio 2009

FEBBRAIO!

Se c’è chi si batte strenuamente per i diritti del proprio figlio a scuola (leggete il post sul trasporto scolastico) c’è anche chi scrive ad un famoso settimanale femminile per chiedere come si può fare, ora che il figlio l’anno prossimo andrà in prima media e l’associazione, cui si appoggia la famiglia per il trasporto scolastico, dice che per mancanza di fondi può coprire solo due giorni. Stento a crederci! Eppure succede che ci siano queste aberrazioni, anche nel campo strettamente medico, purtroppo. Mancanza d’informazione, svista o altro?
Vi eravate accorti che anche l’Italia ha ratificato la convenzione ONU sui diritti per le persone disabili? Da qualche parte ho letto che qualcuno ha dichiarato che finalmente anche i disabili godono di pari diritti e dignità. Ah, bhè, ottimo: PRIMA INVECE?
OSSIGENOTERAPIA: non buttate i vostri soldi credendo che i bambini guariscano, la fisioterapia “speciale” si fa anche in Italia – a dire il vero anche in Italia c’è l’ossigenoterapia, ormai sono tre anni che c’è, inoltre il nostro Servizio Sanitario Nazionale rimborsa le cure all’estero, perciò non c’è bisogno di aprire collette né tantomeno vendersi la casa. Chiunque chieda cifre a più zeri promettendo miracoli è da evitare. Se il SSN non rimborsa è perchè la cura non è riconosciuta, cioè non ha protocollo ergo niente validità scientifica ergo una bufala colossale. Ma è pieno di centri seri e d’eccellenza all’estero, riconosciuti e persino qui in Europa, senza bisogno di andare fin in America. Continuate a mandarci le vostre segnalazioni.
Eccovi la pagina del mese, protagonista Mammatosta Luciana