Ho letto, provando tristezza,
dolore e indignazione, lo scritto di Gianfranco Vitale pubblicato su
Superando il 18 giugno u.s.
L’angoscia
patita, specie nel pezzo dove sono riportate le annotazione
dell’ospedale, la capisce solo un genitore di figlio con
disabilità.
Io
non so come reagirei se mi dicessero che non posso andare in ospedale
con mio figlio, o meglio: lo so benissimo e la cosa non mi piace.
Anche
perché significa che a livello ospedaliero siamo ancora all’800:
le persone con disabilità grave di tipo cognitivo-relazionale e/o
con deficit sensoriali e di comunicazione assolutamente non possono
stare da sole in ospedale!
Non
abbiamo un protocollo nazionale che consenta la presenza del caregiver familiare in ospedale, purtroppo.
Non
ce lo abbiamo, nonostante la nostra ministra Locatelli abbia
illustrato alla platea dell’ONU a New York il progetto D.A.M.A.
esattamente un anno fa. Progetto stupendo, ideato da un papà ma che non va oltre un unico ospedale in Lombardia.
Il
personale ospedaliero italiano non è formato per accogliere e trattare questi
pazienti, non esistono stanze apposite, non sono previsti ausili
basici come il sollevatore o le sponde ai letti per tacere dei
sistemi di sicurezza in sede di esami come le le lastre o i prelievi
del sangue.
Ricordo
un ricovero con accesso da PS (di una sola notte ) dove nonostante mi
fossi profusa in spiegazioni circostanziate, misero mio figlio in una
stanza con un altro bambino, che era attaccato ad una macchina che
emetteva tot rumori. Dopo dieci minuti di urla di mio figlio,
spaventato perché anche cieco assoluto, l’infermiera si convinse a
spostarci e non per rispetto verso mio figlio ma perché
“disturbava”.
E
dove siamo stati messi? Nello spogliatoio del personale perché non
c’era nessuna stanza singola e questo locale non era neanche uno
spogliatoio a tutti gli effetti, ma un locale che in parte ammassava
materiale e in parte ospitava chi doveva cambiarsi e, in un angolo,
c’era un lettino. L’infermiera mi portò una sdraio, una di
quelle che si usano in spiaggia, tanto per dire come si è attrezzati
negli ospedali del nord Italia, di recente ristrutturati per
accogliere i familiari assistenti. Alle 5.30 entrava il personale:
figuratevi un bambino, con 40 di febbre, che passò la notte in un
posto totalmente sconosciuto, terrorizzato da rumori mai sentiti,
odori e voci aliene che viene assalito da nuovi rumori e voci alle
5.30 del mattino.
Da
mamma, da caregiver familiare, da attivista per i diritti delle
persone con disabilità nonché per il riconoscimento della figura
del caregiver familiare italiano come lavoratore, non posso non fare
delle riflessioni su quanto ha raccontato Gianfranco Vitale.
Perchè
suo figlio non è seguito a casa, con un progetto di vita /legge 162
?
Perchè
non esiste un team multidisciplinare di riferimento che sappia
intervenire in casi come questo, evitando il ricovero in psichiatria
che è davvero una violazione dei diritti delle persone con
disabilità nello spettro?
Perché
non esiste un servizio sul territorio ( e parliamo della illuminata
Torino che ha, per esempio, un servizio di supporto per la sessualità
delle persone con disabilità), che affianchi il familiare nella
fattispecie il genitore ormai anziano con progetti, iniziative e
assistenza domiciliare?
E
un progetto per il dopo di noi?
Che
cosa dobbiamo fare noi familiari per avere una legge che ci tuteli e
tuteli allo stesso tempo i nostri cari, che non possono essere
trattati come “casi difficili” da sballottare qua e là perché
non si è in grado di farvi fronte: se non c’è competenza negli
operatori come speriamo di avere dei trattamenti dignitosi? E per
avere operatori e personale sanitario competente che cosa serve? Dei
corsi? La collaborazione delle associazioni sul territorio? Un cambio
imminente di cultura? Soldi? Cosa?
Come
è possibile che quest’uomo di 43 anni se ne torni a casa con
un’evidente ecchimosi all’occhio che nessuno sa spiegare?
La
storia di questo padre è uguale a quella di centinaia di altri padri
e madri in tutta Italia.
Centinaia
e centinaia, decine di centinaia, di genitori e familiari che nessuno
vuole vedere o ascoltare, ad iniziare dalla ministro Locatelli che
addirittura nega alle associazioni di genitori e familiari di sedere
al tavolo interministeriale per i lavori della legge sul caregiver
familiare italiano.
Intanto
la cronaca ci rende impietosamente, ogni giorno, l’allungamento della
lista degli omicidi-suicidi, quel fenomeno che non è studiato,
ancora, da noi in Italia e quindi non è identificato e viene
liquidato dai giornalisti come episodi cronaca nera o femminicidi
(quando è il marito che uccide la moglie malata e poi si sucida) e
da sedicenti esperti del settore disabilità come morti bianche del
welfare, irrispettosamente.
Noi
Genitori Tosti abbiamo dedicato un capitolo al fenomeno degli
omicidi-suicidi, nel nostro libro “L’esercito silenzioso”
(2022) poiché monitoriamo il fenomeno dal 2014, ormai.
E
i risultati di questo monitoraggio li abbiamo illustrati durante la
giornata dedicata dal Comune di Lodi alla salute mentale, lo scorso 8
giugno.
Nessun
politico italiano, nonostante abbiamo scritto a segretari di
partito, capigruppo al Senato e alla Camera e presidenti di
commissioni, anche al parlamento europeo, nessuno vuole farsi carico
di questa tematica.
Magari
sull’onda del clamore mediatico come successe in occasione del
fatto di Ortona in diversi rappresentanti istituzionali promisero
azioni ed eventi che poi non fecero e, anzi, se richiamati al
telefono nemmeno risposero.
Nè
tantomeno la ministro Locatelli ha mai risposto a nessuna delle
nostre PEC.
Non
ci fermiamo perché ce lo chiedono, seppure silenti e inconsapevoli,
i nostri figli per i quali lottiamo anche se, come ben ha descritto
il signor Vitale, con l’avanzare dell’età le forze
inevitabilmente scemano.
Ci
si aspetterebbe qualcosa dalle federazioni e dalle più importanti e
storiche associazioni di familiari in Italia, su questo argomento.
Non
tanto per fare dibattito ma per mettere al tappeto dell’agenda
politica gli interventi che sono necessari e ormai non più
procrastinabili a sostegno delle famiglie.
Al
signor Vitale un grosso abbraccio e la nostra disponibilità come
associazione.
Anche
il presidente della Regione Piemonte potrebbe dedicarsi al caso
particolare per, finalmente, riformare la politica dell’assistenza
alle famiglie nella sua regione.
Infine
un grazie, sempre, a Stefano Borgato di Superando per la suo opera di
alta professionalità dell’informazione per tutto quello che
riguarda il “nostro” mondo.