"A parlare con grande commozione, ieri, è stato il fratello di Claudia Santunione, Franco. “Sono ancora qui a chiedermi il perchè, a cercare di capire come possa essere successa una cosa del genere. Non ha mai dato segni di impazienza; era un padre molto attivo nel gestire la famiglia anche perchè era tutto in mano a lui – ha dichiarato. Mia sorella aveva già da due o tre anni un inizio di demenza e lui gestiva tutto, il figlio e la moglie. Non hanno mai esternato problemi: erano persone molto riservate, tenevano tutto dentro ma non hanno mai dato segni di impazienza, di sconforto. Sapevamo che la famiglia gestiva da 50 anni un figlio autistico, capivamo e conoscevamo le difficoltà che affrontavano ogni giorno ma non si erano mai lamentati – ha spiegato asciugandosi le lacrime. Me lo hanno comunicato intorno alle 10.30 ieri mattina; è stata mia cognata a chiamarmi. Avevo sentito mia sorella domenica, le ho fatto gli auguri di Pasqua ma a volte capiva, a volte no. Ero andato a trovarli la settimana prima di Pasqua ma non li ho mai visti alterati dallo sforzo che avevano – ha sottolineato. Sembrava tutto normale, come al solito. Quando due o tre anni fa mia sorella si è ammalata il perno era diventato Gian Carlo: si occupava di tutte le faccende domestiche e del figlio che accompagnava ogni giorno in un centro, dove Stefano faceva alcuni lavoretti. Sono sempre stati uniti, erano insieme da oltre 50 anni e non ho mai sentito ‘alterazioni’ a causa di un figlio in quelle condizioni – ha spiegato. Uno non pensa che possa accadere una cosa così: è il peso di un uomo che non ha più retto quello che ha portato a questa tragedia, di una persona autonoma che mai ha chiesto aiuto. I suoi familiari hanno sempre cercato di essere utili ma lui l’aiuto non lo ha mai cercato, mai voluto....”."
Questo è un brano dell'articolo pubblicato su Il Resto del Carlino.
Ci sono anche le testimonianze di vicini di casa e di residenti, di questo piccolo paese in provincia di Modena, in cui si è consumato l'ennesimo omicidio-suicidio, messo in atto da un caregiver familiare. Uomo di 83 anni soffoca moglie di 78 e figlio di 48 e poi si impicca.
Quello che dovrebbe stupire tutti noi, leggendo quanto raccontano parenti e conoscenti, è la cultura vigente, per cui una famiglia in difficoltà (come potrebbe essere quella in cui c'è un figlio con grave disabilità cui poi si aggiunge la disabilità di uno dei genitori) non suscita la solidarietà: guai a farsi avanti per dare una mano, se non ci sono richieste significa che la famiglia non ne ha bisogno. Anzi. 'E normale che ci si arrangi, non sia mai che tu vicino di casa vada a chiedere se serve qualcosa o vada a passare un po' di tempo insieme a queste persone.
Stupisce poi che questo tipo di indifferenza/freddezza/distanziamento sia in un paesino dove tutti si conoscono.
Il tutto fa molto pensare, in generale: come possiamo avere dei servizi sociali che davvero soddisfino i bisogni di noi caregiver familiari se proprio la cultura di base è questa?
L'altro pensiero è che se i caregiver familiari non hanno avuto accesso al tavolo presso il ministero della disabilità e alle audizioni alla Camera, la legge sul riconoscimento del caregiver familiare non può uscire bene, ma uscirà a favore delle categorie economiche/politiche cui è stata data voce, sancendo così, ancora una volta, l'invisibilita di noi caregiver familiari e dei nostri bisogni.
In Italia non è concepita l'assistenza familiare al proprio domicilio e quindi il progetto che si dovrebbe elaborare intorno alle persone, sfruttando le varie e buone leggi a disposizione: se sei malato/non autosufficiente per te c'è la struttura e fine.
Abbiamo letto tutti la decisione dell'attore Colin Farrell di mettere il proprio figlio in struttura, definita come scelta "coraggiosa". Molti di noi si sono davvero stupiti - se avessimo i soldi di questo attore hollywoodiano sicuramente ci inventeremmo un progetto ad hoc, tenendo con noi nostro figlio e assicurandogli un dignitoso "dopo di noi". Invece, le persone che non sperimentano la nostra realtà, hanno plaudito alla scelta di Farrell, qualcuno ha anche detto che le strutture, in Usa, non sono "mica come qua in Italia".
In barba al processo di deistituzionalizzazione in atto, che è regolamentato pure da leggi europee.
Infine: sto finendo di leggere lo speciale di Vita che si intitola "La solitudine dei caregiver familiari": nonostante la bella infografica, che dice che una alta percentuale lascia il lavoro per fare il caregiver familiare e quindi non ha più reddito e quindi diventa povero, tutto lo speciale parla di famiglie agiate, addirittura di influencer caregiver (!), intervista sempre gli stessi addetti ai lavori, che magari non sono nemmeno caregiver familiari e presenta come soluzioni virtuosi progetti avviati in una manciata di Comuni, a petto di un'Italia carente, divisa in regioni, ognuna con un proprio ordinamento, per cui poi in ogni Provicia si fa ciascuno a proprio modo e così nei Comuni.
Non esiste una visione d'insieme sul tema, non esiste una percezione corretta di cosa sia davvero il fenomeno del caregiver familiare e leggere che la legge nazionale che dovrà uscire è solo il punto di partenza (!) ci ha sconfortato assai.
Infine, lo ripetiamo: gli omicidi suicidi dei caregiver familiari non sono femminicidi nè tragedie della solitudine, è un fenomeno preciso che andrebbe studiato e monitorato, ma nemmeno i criminologi, in Italia, se ne vogliono occupare.
Un ultimo pensiero: che cosa avrà passato il signor Gian Carlo Salsi, da quando gli era stato diagnosticato l'Alzheimer? Pianificare la morte di moglie e figlio e il proprio suicidio non deve essere stata una passeggiata. Nel mentre nessuno ha colto nessun segnale. A parte che era dimagrito tantissimo. In foto tre candele accese, come le tre vite che se ne sono andate, in questa società egoista.
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