martedì 16 dicembre 2008

16 ANNI

“Per gli handicappati il tema più urgente è quello di decidere fra un destino di appiattimento sull’assistenza o di sviluppo dell’integrazione sociale. L’opinione pubblica e molti handicappati sembrano accettare la prima soluzione, che significherebbe rinuncia alla partecipazione, passività e marginalità.
C’è un altro pericolo ed è quello di essere convinti che i problemi dei disabili dipendono dai buon sentimenti, dalla politica dei buoni sentimenti. È invece un’esigenza di giustizia in senso giuridico e in senso etico.
Nella condizione umana di una persona handicappata c’è qualcosa di ineliminabile (la menomazione, la diversità, la dipendenza fisica o psicologica dagli altri), ma vi sono difficoltà che possono essere completamente risolte: l’indifferenza sociale, la fatica di farsi strada, la repressione della sessualità, la solitudine, la negazione dell’identità personale, il peso di una cultura fondata sull’apparenza e sulla prestazione.”

Scrive così, nel 2001, a epilogo di un capitolo, nel libro “Legislazione ed handicappati”, Gianni Selleri.
Libro capitatomi casualmente tra le mani, ieri.
Vi siete mai chiesti perché la legge quadro dell’handicap, che regola tutti gli ambiti della disabilità, sia stata fatta SOLO 16 anni fa?
Me lo chiedevo da un po’ e putacaso ho trovato alcune risposte anche grazie al lavoro di Floriana Antonucci (*).
C’è voluta la solita ondata politico-culturale di provenienza statunitense, passata dalla Francia, perché le cose cambiassero, in Italia. Siamo nel 1968. Da lì hanno cominciato a legiferare in Italia, cioè da un movimento di “rottura” d'importazione.
Ancora nel 1971, comunque, un alunno come mio figlio non avrebbe potuto iscriversi ad una scuola comune, bisognerà arrivare al 1977 perché “ciechi, sordi e tetraplegici” abbiano il permesso di studiare, grazie ad una legge.
Ritornando a ciò che scrive Selleri, negli anni ’80, se da una parte c’è il perfezionamento del processo legislativo, di pari passo c’è l’attenuazione dell’integrazione sociale (non trovate che sia paradossale?): è un decennio di crisi (persino nella musica i critici dicono che è stata prodotta la roba peggiore… mah!): crisi finanziaria che ha impattato sull’organizzazione del welfare state, causando disaggregazione dei servizi sanitari da quelli sociali, riproposizione del modello assistenzialistico, privatizzazione dei bisogni, trasformazione dei problemi degli handicappati ad una dimensione tecnica in mano agli specialisti, limitazione dei diritti acquisiti come l’esclusione dal lavoro. Ehm, la storia ritorna?
Un decennio così e poi paff: la legge 104.
Il disabile è finalmente (sancito nero su bianco) una persona, casomai non se ne fosse accorto nessuno. Ma, allora, gli anni '80 a qualcosa sono serviti.
Gli anni ’90 passano insieme all’exploit del volontariato e del terzo settore, succedono ovviamente altre cose: quello che mi premeva capire era cos’è successo dopo, fino al quasi moriente 2008 e soprattutto PERCHE’ dopo 16 anni ancora c’è gente che non sa assolutamente che esiste la legge 104, soprattutto i genitori: credo che se uno si prendesse la briga di leggerla, forse non direbbe più quello che continuo a sentire, le aberrazioni che continuo a verificare, le discriminazioni perpetrate ai danni di chi difendersi non può.
Le informazioni non sono patrimonio protetto e occulto, non si può, NON SI DEVE, ancora oggi, nell’era di internet che hai il mondo a portata di click, nascondersi dietro il dito “Non me l’ha detto nessuno”.
A confronto i genitori dei decenni passati, quando internet era un trastullo dei tecnici alla NASA, i telefoni erano a muro e la gente scriveva lettere di carta, assumono un contorno mitologico! Che se poi internet non ce l’hai, esistono i libri (li vendono nei negozi o sono consultabili nelle biblioteche)!
Se si vuole tutto si può, specie se in ballo c'è il benessere dei nostri figli,il benessere sociale.
E regagliamoglielo il motorino, a questa sedicenne:), perbacco!

(*) lavoro Individuale – Istituto Comprensivo di Giuliano (Roma); fonti: Salvatore Nocera, Sergio Neri, anno non segnalato.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Nessuno mi ha detto niente!!La Sento spesso questa frase anche io.Oggi con internet non è più possibile NON SAPERE, basta cercare, anche noi NON SAPEVAMO niente quando siamo capitati in questo mondo e poi ABBIAMO VOLUTO SAPERE. Ora penso che saprò prendere anche la patente E pubblica (un tempo si prendeva quella per guidare gli autobus...un tempo lontano!!!)

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...

Sedici anni fa passavo le mie giornate in biblioteca per capire cosa avesse mio figlio e nottate su tomi e riviste mediche. Poi con internet è stato tutto più facile, basta un click per avere tutte le informazioni che vuoi.
TIME OUT Dani

Anonimo ha detto...

che mondo la disabilità, non tanto i nostri figli ma le difficoltà che ci creano le persone che dovrebbero darci gli ausili...accidenti a loro non ci spetta mai niente secondo questi fisiatri , se poi prendiamo penna e carta e scriviamo allora qualcosa ci spetta sempre.
Che strano chi ci deve aiutare invece ci ostacola.
Veronica

Anonimo ha detto...

E' la cultura che bisogna cambiare....bisogna continuare a batter chiodo.

Anonimo ha detto...

E quando ti senti dire: Lei non è abbastanza obiettivo perchè coinvolto emotivamente, lasci fare a noi che siamo competenti in materia.
E lì che c'è da TREMARE!!
Mario

Anonimo ha detto...

Il fatto è che essere informati ci aiuta a far valere queste leggi che già ci sono, l'essere ignoranti ci porta solo a dover accetare passivamente ciò che gli altri ci dicono. Essere informati è si un nostro diritto ma è soprattutto un nostro dovere, soprattutto se si parla di diritti inalienabili dei nostri bambini. Nono si può lottare se prima non si sa che cosa si può o non si può chiedere e pretendere. Nina78