Quando la cronaca ti rimbalza la notizia, ogni volta è come pugno nello stomaco: non c'è bisogno di leggere i particolari, perché sai benissimo come funziona e, soprattutto, cosa non ha funzionato: a monte c'è la solitudine del protagonista, lo scollegamento della famiglia dal contesto sociale e la carestia totale di informazioni e supporto. Oltre, naturalmente, ad altre concause e/o variabili. Fatto incontroverbile è che non c'è rete e la mamma (talvolta anche il papà) precipita nel vuoto, portando con sé il proprio figlio.
Non è questa la sede per disaminare la questione dal punto di vista sociologico/psicologico/psichiatrico e chissà che altro – basta fare in giro sul web e si trovano parecchi articoli, in proposito, dove gli esperti danno il loro parere.
I pareri, per quanto competenti e saggi, non servono a risolvere i problemi. Le accorate lettere, che sollecitano l'attenzione al problema, non risolvono.
Un telefono, uno di quei numeri verdi cui poter chiamare sapendo che dall'altra parte ti risponde qualcuno che può darti delle informazioni o almeno parla con te, sarebbe un buon inizio.
Sarebbe sempre qualcosa di più rispetto alle tante parole che ogni volta si fanno a commento e poi tutto tace, fino al successivo fatto di cronaca.
Un progetto istituzionale che preveda seguire la famiglia fin dal principio, in partnership con le associazioni sul territorio, sarebbe necessario.
Chi si farà portavoce di queste iniziative?
Noi ci siamo.
Perchè il clik del titolo deve essere il rumore di fine telefonata e non quello che scatta, ad un certo momento, nella testa di mamme e papà.
Segnalo questa tesina, tra i numerosi documenti letti e quest'articolo di Antonio Leone (scrollate in basso).
Per la BACHECA qui e qui.
Non è questa la sede per disaminare la questione dal punto di vista sociologico/psicologico/psichiatrico e chissà che altro – basta fare in giro sul web e si trovano parecchi articoli, in proposito, dove gli esperti danno il loro parere.
I pareri, per quanto competenti e saggi, non servono a risolvere i problemi. Le accorate lettere, che sollecitano l'attenzione al problema, non risolvono.
Un telefono, uno di quei numeri verdi cui poter chiamare sapendo che dall'altra parte ti risponde qualcuno che può darti delle informazioni o almeno parla con te, sarebbe un buon inizio.
Sarebbe sempre qualcosa di più rispetto alle tante parole che ogni volta si fanno a commento e poi tutto tace, fino al successivo fatto di cronaca.
Un progetto istituzionale che preveda seguire la famiglia fin dal principio, in partnership con le associazioni sul territorio, sarebbe necessario.
Chi si farà portavoce di queste iniziative?
Noi ci siamo.
Perchè il clik del titolo deve essere il rumore di fine telefonata e non quello che scatta, ad un certo momento, nella testa di mamme e papà.
Segnalo questa tesina, tra i numerosi documenti letti e quest'articolo di Antonio Leone (scrollate in basso).
Per la BACHECA qui e qui.
3 commenti:
Trovo che sia un'iniziativa importante e da attuare nel più breve tempo possibile. Importante sarebbe anche che ogni ospedale avesse anche uno sportello H. QUi a Trento le mamme dell'associazione AIPD hanno aperto appunto uno sportello presso l'ospedale della città al fine di dare un supporto tempestivo a quei genitori che si trovano improvvisamente ad affrontare la disabilità. E' estremamente necessario che si cominci ad avere dei progetti di vita e di accompagnamento della famiglia dalla nascita al dopo di noi.
Daniela
trovo buonissima questa idea del telefono ed anche l'iniziatva di
trento...sperando che si attivino tutte le città e non rimanga uniniziativa isolata
Anch'io dico un CONVINTO noi ci siamo. Perchè noi vogliamo esserci e dire ECCOCI,NON SIETE SOLI. Noi ci siamo perchè davvero si possa avere un aiuto di questo ti poi in tutto il nostro paese!
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