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mercoledì 8 luglio 2020

Caregiver familiare, un ponte tra Veneto e Roma



foto: da sx in alto: Elena Ostanel, Giovanni Barin (GT), Simona Nocerino; in basso: Arturo Lorenzoni , Alessandra Corradi (GT)

Oggi abbiamo fatto una video call insieme a Veneto che Vogliamo, il movimento civico nato oltre un anno fa, rappresentato da Elena Ostanel, al Professor Arturo Lorenzoni, candidato alle regionali per il Veneto e con la senatrice Simona Nocerino da Roma, per conferire sulla legge che sta compiendo il suo iter in parlamento, relativamente al riconoscimento del caregiver familiare.

Come spesso abbiamo riportato anche noi, si stimano in italia circa oltre 8 milioni di caregiver , la quasi totalità donne, che lasciano il lavoro o non possono intraprenderne nessuno e quindi subiscono un impoverimento del reddito/capacità di spesa. 
In Veneto parliamo di qualche centinaio di migliaia di persone, su una popolazione di quasi 5 milioni di individui.
Il Veneto che Vogliamo ha inserito nel suo programma, per primo e unico nel panorama politico della regione, questa tematica, in vista della legge regionale che dovrà essere realizzata, poiché finora la Regione Veneto non si è fatta carico di questa che è una vera e propria emergenza sociale. 
Chi assiste in maniera continuativa un proprio caro, sopperendo alla mancanza di welfare statale e regionale, non ha aiuti di nessun tipo, proprio grazie allo smantellamento della sanità pubblica sul territorio, che ha tagliato personale e servizi per la riabilitazione, specie per l’età evolutiva. 
E durante i mesi di lock down le famiglie sono state ulteriormente abbandonate, con la sospensione di ogni servizio sia domiciliare, che residenziale e semiresidenziale e scolastico in remoto.
Noi Genitori Tosti avevamo scritto al governatore Luca Zaia, all'assessore alla sanità/sociale del Veneto Manuela Lanzarin e al direttore della sanità della Regione Domenico Mantoan per chiedere conto dello stato dell'arte e quali misure intendessero mettere in campo, ma non abbiamo mai avuto nessuna risposta.
Veneto che Vogliamo segue costantemente i lavori della legge nazionale che, proprio grazie al l’impegno della Senatrice Nocerino, si cerca di far uscire nel modo migliore possibile per tutelare queste figure finora non riconosciute in alcun modo nel nostro Paese, ultime tra gli ultimi.
Fino al 22 luglio c'è tempo per la discussione degli emendamenti.
Noi Genitori Tosti siamo la sola associazione in italia ad aver lanciato una campagna con hastag #unaleggebuonaxtutti chiedendo, unici nel panorama di chi ha avuto la possibilità farlo, il riconoscimento del caregiver come lavoratore e quindi beneficiario di stipendio, tutele e pensione.
A parte lo scoglio principale da abbattere esistente nella cultura del nostro Paese per cui  il caregiver è visto come un volontario mosso da amore e non come quello che è, e cioè una persona costretta a prendersi cura del proprio caro, data l'assenza totale di ogni welfare, nessuno ha il coraggio di battersi per, finalmente, trovare i fondi necessari per dare la dignità, al momento assente a tutti questi milioni di cittadini italiani.
Non è concepibile nè tollerabile che ancora nel 2020 si possa rispondere "non ci sono soldi". 
Non ci sono mai stati.
Non sono mai stati previsti, più che altro. per il nostro mondo.
I caregiver sono ultimi tra gli ultimi, che invece hanno avuto un'intera piazza a disposizione la scorsa domenica a Roma e l'intervento di personalità influenti- il che ovviamente ci rende felici perchè le diseguaglianze e volute poi non devono esistere!
A noi caregiver censurano persino i comunicati ai quotidiani, non vogliono ascoltare le nostre istanze in TV ma solo raccontare quanto soffriamo e quanto è difficile la nostra vita. 
Poi ci sono i politici che se ne escono sul filo di lana promettendo cose impossibili da mantenere,  solo per mera propaganda elettorale.
Confidando perciò in quanto ha illustrato la pragmatica Senatrice Simona Nocerino, proseguiamo e monitoriamo, sempre pronti.
Il nostro approccio è quello che si può sempre migliorare e che esiste una strada nuova e mai percorsa per arrivare alla medesima destinazione, l'importante è avere voglia di provarci. I nostri figli ce lo impongono.
Per partecipare al censimento dei caregiver italiani, sempre aperto, cliccare QUI.

venerdì 12 giugno 2020

Accessibilità urbana


"Come sapete mi occupo della difesa dei diritti delle persone con disabilità. Come associazione abbiamo attivato, ormai da 5 anni, un progetto che si chiama “Barriere mai più” per dare il nostro contributo in materia di accessibilità.
Uno dei diritti delle persone con disabilità è la mobilità: indipendentemente dal tipo e dal grado di disabilità, ogni persona ha diritto a muoversi e a fruire degli spazi del luogo in cui vive.
Invece le città sono concepite e realizzate per i soli cosiddetti “normodotati” cioè deambulanti autonomamente e in posizione verticale, vedenti, udenti, in possesso delle facoltà psichiche e cognitive integre.
Ma siamo tutti potenzialmente disabili:
1) per età, quando sopravviene quella terza;
2) per eventi traumatici (incidenti automobilistici/sul lavoro/in casa anche un semplice tuffo in piscina, a volte…);
3) per patologie ad insorgenza tardiva (per es. SLA);
4) per condizione di temporanea disabilità (fratture/patologie oncologiche).

A partire dal 1986 nel nostro Paese la legislazione italiana ha iniziato ad occuparsi di accessibilità con i PEBA cioè con i PIANI DI ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE, abbiamo norme che obbligano gli amministratori dei Comuni (ma anche le ASL e qualsiasi tipo di PA) a rendere accessibili edifici e spazi pubblici e privati.
Dalla seconda metà degli anni '80 del secolo scorso ad oggi, 9 giugno 2020, la situazione è pressochè invariata: le città continuano a discriminare tutta una fetta della popolazione.
Quando siamo in presenza di edifici storici poi, c’è sempre l’alibi del vincolo della soprintendenza – mentre invece ci sono addirittura corsi universitari che insegnano come si rendono accessibili gli edifici storici.

Prendiamo l’esempio di Verona: fino al 2017 nessuno si è mai occupato a livello amministrativo di applicare la legge sui PEBA. Con l’insediamento dell’attuale amministrazione nel luglio 2017 è stata addirittura creata una delega ad hoc “Programmazione interventi per abbattimento barriere architettoniche” (programmazione!), conferita all’assessore che a Verona si occupa di Pianificazione urbanistica, Edilizia privata, Edilizia economica e popolare, Ambiente.
Fortuna ha voluto che proprio in quei tempi fosse finanziato il fondo statale che poi è stato suddiviso tra le Regioni, a disposizione dei Comuni che ne avessero fatto richiesta.
Con i 14mila euro ottenuti, il Comune di Verona ha assunto un architetto che ha mappato il solo centro storico della città. Mappare significa passare a setaccio ogni via e in base a criteri predefiniti stilare una scheda per ciascuna barriera individuata, con foto.
Tutte le schede sono state caricate sul sito web del Comune di Verona.
Il lavoro dell’architetto è stato presentato il 25 aprile 2018.
La previsione annunciata dall’assessore è che le barriere (del solo centro storico) saranno abbattute in 10 anni ( !) con una spesa di 14 milioni di euro.
Da allora ad oggi le barriere abbattute a Verona sono quelle che vedete in questa bellissima vignetta di Gianni Falcone- su oltre 2300 barriere individuate, in 20 mesi ne sono state abbattute 6.





Non è dato sapere poiché in nessun provvedimento, documento e quant’altro della nostra amministrazione se e quando è prevista la mappatura del resto della città.

E stiamo parlando di una città che, pur accogliendo centinaia di migliaia di turisti ogni anno ha, per esempio, un monumento come l’Arena senza una pedana/scivolo a norma per accedere. Quella che c’è serve solo per i macchinisti di Fondazione Arena e per chi abbia da trasportare strumentazione etc per gli eventi in genere. ‘E molto scivolosa e diventa addirittura pericolosa se piove – testata personalmente. Inoltre, le due cause legali per discriminazione pendenti contro la Fondazione che gestisce il monumento, sono la testimonianza di quanto sia accessibile, per una persona con disabilità, andare lì, ad un concerto. Noi come associazione stiamo sostenendo una delle due ricorrenti e abbiamo lanciato una campagna per ottenere concerti ed eventi accessibili in tutt’Italia.

Non è dato sapere poi, come è andato a finire (casomai sia mai partito), il progetto che l’assessore ha copiato da Reggio Emilia, per rendere accessibili i negozi. 
Si possono avere i negozi del centro con i gradini? E non solo: anche il personale all’interno va formato per accogliere. E si può non abbuonare, come amministrazioni, anche venete, hanno fatto, la tassa di occupazione di suolo pubblico per quegli esercenti che a loro spese mettono lo scivolo all’ingresso? Lo si è chiesto a più voci. Sarebbe un bell’incentivo per diffondere l’accessibilità.

Pensiamo poi ai luoghi di divertimento (teatri/cinema/discoteche/ locali in genere), pensiamo alle piscine o ai parchi, ai musei, alle palestre, agli ospedali o agli ambulatori dei medici e ai mezzi di trasporto – non solo gli autobus ma anche i taxi, agli edifici scolastici ed universitari e alle biblioteche .
Come pensate si sentano le persone con disabilità e loro familiari in una città che proprio non contempla il loro diritto a spostarsi, fare la spesa o lo shopping, divertirsi, studiare?



E una città non accessibile è moderna, smart, ecosostenibile, inclusiva?
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Questo è l'intervento effettuato dalla presidente Alessandra Corradi all'assemblea provinciale di Verona de Il Veneto che Vogliamo, tenutasi il 9 giugno 2020 online.