Molti di voi avranno già appreso dai giornali e seguito la vicenda che è stata portata all'attenzione generale grazie ad un articolo su La Stampa firmato da Gianluca Nicoletti. Per la prima volta un episodio così grave è uscito dal ristretto e poco illuminato ambito del mondo della disabilità, per diventare oggetto di riflessione per tutti e forse si è dato l'avvio a quella presa di coscienza collettiva che tutti noi genitori in testa al corteo di quanti reclamano e si battono per i diritti delle persone con disabilità, chiedono da sempre.
I fatti in sè sono gravi e leggere i resoconti pubblicati su il Giornale di Vicenza mi ha fatto stare male.
In brevissimo tempo c'è stata la reazione di un'associazione storica, che ha organizzato un incontro pubblico a Vicenza sull'argomento, presente proprio Gianluca Nicoletti, tenutosi un paio di sabati fa.
La storia quindi ha avuto un ulteriore, importante, sviluppo, è cioè ora i carabinieri stanno sentendo tutti gli alunni con disabilità di quella scuola per verificare se e quanto vi sia stato, sempre da parte delle due che ora sono incarcerate, nei loro confronti, anche negli anni passati.
Due cose, in mezzo a tutto, mi hanno colpito: la dichiarazione della dirigente scolastica "Non ne sapevo nulla", forse considerata una frase magica che garantisce il candore e il declino da ogni responsabilità? Ci insegnavano una volta, quando la Scuola era tale, che l'ignoranza della legge non giustifica la sua trasgressione e a maggior ragione un dirigente scolastico risponde legamente per tutto ciò che accade nell'istituto che presiede.
L'altra cosa è la grande presenza di spirito di questo padre che ha avuto pure l'eccellente sangue freddo di non andare a spaccare crani (qunti di noi genitori, nelle medesime condizioni di questo papà, non sarebbero usciti di testa?) ma di nascondere un registratore nello zaino del figlio e poi, dopo aver sentito cose raccappriccianti, che purtroppo confermavano i suoi atroci sospetti, di correre immediatamente dai carabinieri.
Prima di lasciarvi alla lettura dell'ultimo articolo da me letto in proposito, vorrei invitare i genitori a considerare che la violenza fisica è solo l'estremo aspetto di quanto può patire uno dei nostri figli a scuola, soprattutto quando non è in grado di raccontarcelo: esistono molte forme di violenza messe in atto che ricadono tutte nella sfera della discriminazione.
Non si abbia perciò paura ma bisogna agire, sia che si tratti delle ore spesso insufficientemente ridicole attribuite come sostegno, sia le varie inefficienze passate come lungaggini burocratiche o manifesta incompetenza - la frase magica in questo caso è "Se ci fosse uno specialista che ci dice cosa fare...".
La scuola, intesa come persone che ne fanno parte, è tenuta a sapere tutto quello che si deve e si può fare per garantire lo stesso diritto all'istruzione e allo studio degli alunni con disabilità e se si trova spiazzata in quanto ignorante, ha la possibilità di ricorrere a tutta una sfilza di specialisti che il MIUR mette a disposizione.
Se lo facciamo noi genitori, di specializzarci e studiare, imparare, informarci, cosa vieta alla scuola di farlo? 'E ora di smetterla di caricare le famiglie del lavoro che dovrebbe fare la scuola.
Negare - attraverso le pietose scuse di cui sopra - un ausilio, l'accessibilità all'edificio, il bagno appositamente adeguato, una stanza che funga da spogliatoio, l'accessibilità alla mensa per non parlare poi della famosa stanza H che è il sollievo di quegli insegnanti che dicono "disturba la classe, non posso fare lezione" significa fare violenza agli alunni con disabilità e discriminarli.
Un pensiero al ragazzo: da mamma spero davvero che possa riacquistare la serenità, affiancato da persone che gli vogliano bene che, insieme ai suoi genitori, possano dargli quanto finora negato.
Da presidente d'associazione che riunisce genitori, mi auguro che la giustizia faccia il suo corso e le persone imputate paghino davvero.
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da Il Giornale di Vicenza del 25.04.2013, di Diego Neri:
I carabinieri sentiranno altri studenti disabili
La procura ascolterà gli allievi con difficoltà seguiti negli ultimi anni dalla scuola. Il tribunale del Riesame intanto ha confermato il carcere per la professoressa di sostegno e per l'operatrice assistenziale
BARBARANO. Quante sono le vittime dei maltrattamenti a scuola? Per verificare che il giovane autistico sia stato l'unico, la procura ha avviato accertamenti sugli studenti disabili che, negli ultimi anni - fino al periodo non prescritto - hanno frequentato la scuola media Fabiani di Barbarano e sono stati seguiti dalla professoressa di sostegno Mariapia Molena Piron o dall'operatrice socio-assistenziale Oriana Antonella Montesin. I loro famigliari saranno ascoltati nei prossimi giorni dai carabinieri per comprendere se i giovani abbiano avuto esperienze poco piacevoli all'interno dell'istituto. Intanto, il tribunale del Riesame di Venezia ha respinto ufficialmente la richiesta di scarcerazione di insegnante e operatrice. I giudici lagunari hanno stabilito pertanto che Piron e Montesin debbano restare in carcere a Montorio Veronese, in virtù dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Massimo Gerace su richiesta del pubblico ministero Barbara De Munari. Il gip, un paio di settimane fa, aveva parlato (riferendosi al contenuto dei filmati registrati dai carabinieri) di «uno spettacolo di inaudita violenza e disumanità», che risulta connesso «ad una disposizione d'animo di tale perversione da far ritenere che essa non possa che collegarsi ad una capacità delinquenziale di eccezionale portata». Ragion per cui dovevano stare dietro le sbarre. Le difese, con gli avv. Roberto Pelloso e Gianluca Veccia (per Piron) e Paolo Marson (per Montesin) avevano chiesto quanto meno gli arresti domiciliari, visto che le due indagate, non rientrando certo a scuola, non potrebbero nè inquinare le prove nè prendersela con altri studenti. Ma per i giudici veneziani, al momento, è il carcere la misura cautelare più adatta. Sarà necessario leggere le motivazioni, che arriveranno fra qualche giorno. Le due indagate sono accusate di aver trattato da codice penale un ragazzo autistico, che non parla e non può difendersi: il padre, quando lo aveva visto arrivare a casa con dei lividi (altri, anche nelle parti intime, erano emersi dopo una visita pediatrica), aveva infilato nello zaino del figlio un registratore. Quindi aveva ascoltato con ribrezzo le due educatrici insultare con termini irripetibili (il meno pesante è «sei solo un animale») il ragazzo, ed era corso in caserma. Le indagini dei carabinieri di Barbarano e della sezione di polizia giudiziaria della procura, che avevano utilizzato una microtelecamera, avevano portato a scoprire cosa succedeva nell'auletta di sostegno della scuola. Ora c'è da capire se fosse già avvenuto qualcosa di simile anche in passato.