Ogni tanto incappo in discussioni che mi appaiono sul video, quando mi connetto a Facebook.
Discussioni di altri, in cui arriva il qualcuno di turno che se ne esce con un'invettiva contro una qualche categoria di persone.
Peccato che invece di insultare quella categoria (atto già di per sè grave perchè non si dovrebbe insultare nessuno e men che meno farlo nascondendosi dietro una tastiera) sempre, puntualmente, l'offesa ricade su un'altra categoria umana.
Ormai non mi arrabbio più troppo, piuttosto, a volte, mi viene da piangere o sto proprio male, perchè quando insultano tuo figlio sfido chiunque a rimanere impassibili.
Ci sto molto lavorando, come associazione sulla COMUNICAZIONE e sulla CULTURA intorno alla disabilità, ma mi sembra una lotta persa in partenza.
Dipende anche tanto dall'interlocutore.
Mi è capitato, mesi fa, di confrontarmi con un gruppo di ragazzi delle superiori: bagni di un fast food della mia città, uno di loro apostrofa un compagno con un "Sei sempre il solito handiccapato! Hai sbagliato bagno!" e ripete l'epiteto ridendo e tutti giù a ridere con lui.
Trattenendo il groppo in gola ho chiesto, per favore, a quel ragazzo, di non usare quel termine, spiegandogli che mio figlio era così, ma non si meritava certo di essere offeso.
Quel ragazzo e tutti intorno, che poi si fa sempre il gruppo intorno quando uno dice qualcosa, avevano la faccia un po' come quando ti vergogni, non sai cosa dire e ti si allargano gli occhi e si restringe la bocca.
Il ragazzo poi mi ha detto "scusi!". Bravo, tanto di cappello!
Spero proprio che da quel momento in poi lui e i suoi compagni non abbiano più usato quel termine per sfottersi e magari casomai lo sentissero detto da altri, che gli venga da protestare, trasmettendo così il mio "testimone culturale": sarebbe favoloso!
Invece con Travaglio, sì proprio il giornalista, non c'è stato verso: diede dei "cerebrolesei" ai lettori che avevano una certa idea e io, insieme a centinaia, credo e spero, di altri, gli scrissi per chiedergli di scusarsi. Non solo non lo fece, ma il giorno dopo scrisse un lungo pezzo a difesa del suo uso di quel vocabolo, che peraltro riteneva non essere offensivo.
Certo che da uno con una cultura ed istruzione pari suo non te l'aspetti, che sia così refrattario ad assorbire un concetto elementare come quello che, se usi un vocabolo come "handicappato" o "cerebroleso" o "mongolo", offendi le persone con quella disabilità, perchè attribuisci una valenza negativa/dispregiativa a uno stato fisico o mentale. E sappiamo tutti che questa si chiama discriminazione.
Può essere che in molti non sappiano che discriminare qualcuno in base al suo stato fisico o mentale non sia qualcosa di grave, anzi.
Assicuro che questa operazione, invece, è molto grave, perchè stabilisce delle gerarchie tra gli esseri umani. Nonostante a qualcuno spiaccia, però, siamo tutti UGUALI, la materia cellullare di cui siamo composti è la medesima.
Senza scomodare troppo certe discipline letterarie e scientifiche, dico che quanto più uno è colto tanto più si arrampicherà sugli specchi per perorare la giustezza della propria posizione, non facendo altro che riconfermare questa mala prassi della nostra cultura per cui chi non è "perfetto" automaticamente paga lo scotto della derisione o dell'offesa.
Che strano, eh? Il ragazzo poco più che adolescente si è scusato subito, l'adulto colto e famoso ha perso un'occasione.
Per me mio figlio è una delle persone più care al mondo e oltre all'amore infinito che posso avere come mamma, nutro un profondo rispetto per questo ormai ometto che, da sempre, mi insegna che non è vero che ti serve possedere tutti i pezzi di cervello per parlare, coordinarsi nei movimenti, ragionare, provare emozioni e fare battute.
Io non posso non nutrire un profondo rispetto per chi, senza avere alcuni pezzi di cervello e senza anche il bene della vista, ha comunque imparato a parlare, a dispetto delle sentenze mediche.
Non posso non ammirare un bambino che teoricamente non riuscirebbe a muoversi anche per la grave ipotonia oltre a tutto il resto, eppure ha impararato a lanciare il vortex ( e se lo potesse fare in palestra o sulla pista di atletica invece che nel rinchiuso della sua cameretta, chissà che lanci da record!).
Ieri sera mi è capitato un altro "qualcuno di turno".
Ho replicato ma poi ho desistito, a causa dello sbocco grafomane del mio interlocutore, che non si è nemmeno fermato un secondo a riflettere su quanto da me scritto - due righe invero.
La reazione di questa persona mi ha fatto molto riflettere: se solo nella vita di tutti i giorni c'è chi non coglie proprio nessuna differenza per l'uso che fa delle sue parole, e quindi giudica molto poco o molto male tutte quelle persone come mio figlio, come è possibile quindi che a livello più alto, là dove si decidono le leggi e dove c'è tutto un giro di comunicatori delle notizie (i giornalisti, come lo è un Travaglio) la situazione sia diversa?
In questi giorni si decide sulla sorte di oltre 240mila "handicappati", "cerebrolesi", "mongoli" e quant'altri esseri umani, come vogliate definirli, iscritti nelle scuole pubbliche.
Provo una profonda amarezza perchè nessuno, a parte le solite voci e pure fuori dal coro, ha denunciato a gran voce la discriminazione in atto con queste leggi che stanno per essere approvate.
Possibile che nel mio Paese contino così poco concetti come "essere umano", "diritti" e giustizia?
A chi interessa?
Chi paga, invece, è noto.
Nella foto il vortex di mio figlio.
Per noi che abbiamo rispetto e cognizione la definizione è persone con disabilità. Perchè le parole sono importanti.
Grazie a tutti.