venerdì 10 maggio 2013

Quando, invece, te l'aspetti.


Avevo sentito la pubblicità di questo nuovo (?) canale tematico della TV di Stato, dedicato INTERAMENTE alla scuola. Lo spot è davvero intrigante - io l'ho solo sentito in audio - anche perchè la voce è quella fantastica di una delle più brave doppiatrici italiane - tenete presente che i doppiatori italiani sono riconosciuti, internazionalmente, i più eccelsi del mondo.
Quindi oggi m'è venuto l'uzzolo di cercare sul web il sito dedicato a questo canale.
Sito fatto benissimo ovviamente, secondo gli standard più all'avanguadia del digitale, suppongo.
In Home c'è di tutto e di più, ma non trovo nessuna parola, segno grafico, disegno, foto etc che rimandi in qualche modo all'ambito che più mi interessa e cioè la disabilità, annessi e connessi.
Rimango un attimo assorta davanti al monitor..... penso che un buon 80% delle richieste di aiuto che ci pervengono dalle famiglie, riguardano la scuola, questa benedetta inclusione scolastica o integrazione dir si voglia, insomma la scuola che non solo accoglie ma istruisce etc ANCHE i nostri figli...... sulla carta magari ci sono cose bellissime, nella realtà è uno sconcerto continuo.
Davanti - o sopra, sotto, ai lati? non saprei spazialmente dove collocare, ma è una presenza concreta, insomma, insieme a tutto questo scollamento tra  carta ben scritta e vita vissuta male, ci sono le fantasmagorie dei teorici della pedagogia.
Penso queste cose alla velocità della luce, perchè sono cose che ruminano nel mio cervello da anni, ormai..... e quindi scansiono la videata in ricognizione della stringa cerca, appunto, vediamo se sono fortunata.
Digito "disabilità".
Interessantissimo senza dubbio, mi tocca anche da vicino. E ci fa ulteriormente vergognare come Paese in cui succedono ancora episodi di questo tipo.
Ma la disabilità, in questo canale dedicato alla scuola?
Riprovo e digito "Integrazione scolastica".
Non mi pare ci siano altre paole da sprecarci su.
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Nella foto: panorama di Marte inviato dalla sonda Curiosity.

giovedì 2 maggio 2013

Quando meno te l’aspetti...



di Gio Bazen
Avevamo diverse possibilità nel scegliere un ristorante dove festeggiare la Prima Comunione di nostra figlia. Un luogo dove la cucina fosse di buon livello, dove i bambini potessero scorrazzare abbastanza liberamente nei presumibili lunghi tempi di questi eventi, che fosse sufficientemente tranquillo per non innervosirli (e noi con loro), dove fosse possibile passare il momento postprandiale passeggiando nella natura, oltre ad altri grandi/piccole condizioni che, si sa fin dal principio, sarà difficile se non impossibile rispettare in toto.
Il compromesso selezionato ha come rovescio della medaglia il dover sperare nella tranquillità delle altre tavolate confinanti, pur avendo la sala una conformazione che dovrebbe garantire un certo abbattimento del riverbero: in una sorta di maxi gazebo se il tempo è clemente si aprono le “pareti” et voilat, per una persona sorda con impianto cocleare il fattore (acusticamente) micidiale del riverbero scompare. Certo, resta il livello di rumore che l’italico commensale sviluppa mediamente in modo piuttosto elevato... Ma potremo sempre lavorare sul programma del processore, settando l’impostazione più congeniale al momento per attutirlo, se necessario.
Non nascondo che in certi frangenti vorrei poter avere tutta per me una sala immensa immersa nel silenzio per poter almeno una volta dimenticare uno dei motivi che ci tiene lontani dai raduni umani; e, poi, da quando la sordità è diventata parte della nostra vita, mal sopportiamo le situazioni di rumore eccessivo. Ogni volta che ci capitiamo in mezzo, non posso non pensare alla mensa della scuola (alzi virtualmente la mano chi può dimostrare la prestazione sonora di sufficiente qualità della scuola del proprio....) dove originano e sviluppano le malattie professionali dei docenti nell'oblio dei parametri di legge, essendo la scuola anche luogo di lavoro...
Ma torniamo alla giornata odierna, con l’ingresso nella sala da pranzo già gremita in ogni suo posto all'apice del banchetto: chi assapora l’antipasto, chi a metà pregusta la seconda portata in arrivo, chi si appresta con qualche difficoltà a dolci delizie col miraggio dell'ammazzacaffè. Ma nel centinaio di persone, si nota immediatamente che qualcosa di anomalo c’è; anzi non c’è: il rumore. Nell'inseguire i pargoli in un piacevole brusio incrocio lo sguardo ugualmente interrogativo dei colleghi di combriccola. Di nuovo mi soffermo sugli astanti, ed ecco li a un tavolo di distanza una tavolata silenziosa, dove una cinquantina di persone dialoga in LIS. Le mani vorticano nello scambio di battute mentre il pasto procede con gran soddisfazione. Dalla tranquilla serenità che ha accompagnato il nostro festeggiamento, diverse considerazioni si affacciano: innanzitutto grazie al livello sonoro equilibrato sia mia figlia sorda impiantata, sia tutti i presenti hanno giovato di un ambiente più rilassato. Mia figlia non ha imparato la lingua dei segni poiché per diversi motivi ha seguito una educazione improntata all'oralismo e, grazie all'impianto cocleare, alla percezione del linguaggio sonoro. La LIS è una risorsa importantissima al pari delle altre, cui le famiglie devono essere libere di attingere e sfruttare per la crescita dei loro figli secondo la situazione cui si trovano. Non è da sottovalutare il fatto che un bambino che padroneggi la doppia lingua possa risolvere i frangenti nei quali la tecnologia non lo possa aiutare: non solo nei problemi fondamentali legati alla salute, ad esempio in caso di non poter sfruttare il nervo acustico e nella conseguente impossibilità di impianto cocleare; ma anche in casi banali, dove, ad esempio, la pila si esaurisce: pochi giorni fa leggevo nel gruppo Facebook "Affrontiamo la sordità insieme" di Massimo e sua figlia al supermercato in analoga situazione, con entrambe le batterie degli impianti scariche:
“Oggi abbiamo fatto sbarellare il supermercato, sono finite le batterie degli impianti e ci siamo messi a fare la spesa in LIS, ci siamo divertiti come matti; dovevate vedere le facce dei clienti e della cassiera che non si è mai accorta che mia figlia è sorda! Noi [con lingua verbale e dei segni] così abbiamo riscontrato molto meno stress nella bambina nei momenti senza impianto, ed ora un'assoluta padronanza dei due "mondi"”.
Come scrivono in uno dei commenti: oltre alle batterie,
“La LIS in tasca, come vedete, può tornare sempre utile!”
Tra le altre considerazioni, merita soffermarsi sulla maleducazione delle persone nei luoghi pubblici, dove sempre più è mediamente doveroso imporre il proprio ego urlando le proprie gesta. E’ il caos. Ma non può che esser così se si riflette su quanto scritto poco sopra sulla condizione sonora dei plessi scolastici (nel boom demografico/edilizio degli anni ‘60-’70, la prestazione sonora era una sconosciuta); pensiamo poi alla cultura di massa, quella televisiva, dove il parlato si sovrappone in un’escalation di volume. Volume che, facciamoci ancora caso, non resta costante durante le pubblicità, in barba, se non erro, alle Leggi italiane.
E’ triste ammetterlo, ma nel nostro Paese manca (anche) l’educazione sonora, dal principio alla fine.
Chiudiamo però con una buona notizia: non servono molti euro per insonorizzare un ambiente quale un’aula scolastica: un buon progetto di insonorizzazione passa anche da materiali “poveri” ma ad elevato grado di abbattimento del riverbero.
Mentre addirittura a costo zero è l’insegnamento della buona educazione fin dalla tenera età.

mercoledì 1 maggio 2013

Mi chiamo Sam


di Maurizio Vichi:
Mi accingo a vedere per l’ennesima volta questa pellicola del 2001, che tra le altre cose ha vinto il premio Oscar, certo tanti storceranno il naso perché è un film per chi ha voglia di piangere, ma invece, per me, che sono un inguaribile romantico e sono per l’integrazione delle persone con Disabilità, trovo che questo film sia di alto spessore e con enormi spunti per parlare di sentimenti veri .
La trama di questo film, narra di un padre, Sam Dawson (impersonato da Sean Penn) con una figlia: Lucy (Dakota Fanning). La madre li ha abbandonati subito dopo la sua nascita ed ora Sam deve crescerla da solo. Certo sarebbe una difficile prova per qualsiasi padre, ma lo è ancora di più per Sam che ha il quoziente intellettivo di un bimbo di 6 anni. Nonostante tutto, e grazie all'amore che nutre per la sua piccola, oltre all'aiuto della sua vicina Annie (Dianne Wiest ), riesce nell'impresa. Una vita felice fatta di cose semplici, ma vere.
Dietro l'angolo, però, c'è la realtà della legge: un uomo come Sam non può crescere una bambina perché non è in grado di offrirgli il supporto di ciò che ha bisogno e quindi la bambina sarà data in affidamento ad una famiglia "normale". Sam non è disposto a rinunciare alla figlia per nulla al mondo, la sua Lucy ed anche i suoi amici, “molto particolari”, sono pronti a supportarlo, quello che ora gli serve è un avvocato, un buon avvocato, magari quello che ha il miglior annuncio sull'elenco telefonico: Rita Harrison (Micelle Pfeiffer ). Rita però non può certo aiutare uno come Sam, che vive con lo stipendio di garzone di caffetteria, lei che guadagna cifre a cinque zeri, ma a volte, magari per una semplice scommessa può accadere l'incredibile, oppure come davvero a succede in America, gli avvocati accettano “pro bono” di aiutare persone meno abbienti.
La pellicola, diretta magistralmente da Jessie Nelson, risulta un po’ lunga. L'intento principale è chiaramente quello di toccare, profondamente, le corde emotive dello spettatore, scatenando pianti a più non posso. La figura di Sam sembra creata appositamente allo scopo con la sua difficoltà di comunicare ed i mille problemi a cui va incontro. Va detto che a dispetto del lato lacrimevole, vengono comunque affrontati argomenti importanti: come, per esempio, l'esplorazione dei legami familiari, o come anche l'opportunità che un giudice divida due persone non in base all'amore che le lega, ma alle supposte capacità di crescere un figlio ed infine l'incomunicabilità di alcuni genitori per la mancanza di tempo e di pazienza, da dedicare ai loro figli.
Personalmente, ho trovato questo film molto toccate, forse per il fatto che un padre non l’ho avuto, e se avessi avuto la fortuna di conoscerlo certamente avrei desiderato che fosse dolce ed affettuoso come “Sam”, che nella finzione cinematografica è sapientemente interpreto ed impreziosito da Sean Penn.
In ogni caso il film meriterebbe una visione se non altro per la prova degli attori; oltre a Penn c'è la stupefacente Dakota Fanning nel ruolo di Lucy ed il gruppo di amici "speciali" di Sam sorprendenti nella loro semplicità. Michelle Pfeiffer dipinge una perfetto avvocato in carriera con tutte le sue nevrosi ed i suoi tic, ma allo stesso tempo riesce poi, durante l'arco della storia, a restituirci una donna diversa più consapevole dei valori della vita tanto che alla fine ci viene da chiederci chi abbia guadagnato di più dal rapporto cliente avvocato lei o Sam.
Regia semplice, munita di una grande colonna sonora dei Beatles.
La frase simpatica : "Gli scarafaggi vivono da soli o in gruppo e se in gruppo cosa fanno?"
"Fanno i Beatles"
Il cadeau: il nome "Sam" per il protagonista è stato preso dal libro "Pomodori Verdi al Prosciutto del Dottor Suess" che Sean Penn legge continuamente alla figlia per farla addormentare.