sabato 2 ottobre 2010

Amorevolmente Insieme


Questo è il titolo di un progetto bellissimo dedicato ai fratelli e alle sorelle dei bambini disabili, progetto che, in realtà, coinvolge tutta la famiglia.
Qui il video tratto da un tg locale dedicato al progetto.
Ce ne parla il GT Francesco Reitano (*) che, da quattro anni, ha attivato questi progetti, unici in tutt'Italia:

Ci racconti come è iniziata questa collaborazione che ha portato ad effettuare questo laboratorio ormai da quattro anni?
Tutto nasce un po’ dal caso e un po’ dall’esigenza.
Come genitore di disabile mi sono scontrato con tutti quei problemi che ci accomunano, ma con il piglio di vuol capire a tutti i costi.
Ho avuto la fortuna di conoscere Luisa Mondorio e il dott. Andrea Dondi, nel periodo della loro collaborazione tra la nostra associazione e la fondazione Ariel di Rozzano.
Tra i tanti convegni e seminari organizzammo due eventi a Catania sull’argomento “siblings”, invitando in una occasione anche dei fratelli a parlare davanti al gruppo genitori.
Dondi mi parlò di lavori effettuati già da 20 anni in Australia e in America e l’idea del lavoro preventivo mi attirava moltissimo.
Con il grandissimo impegno di Luisa, la coincidenza di molteplici fattori e la disponibilità di Andrea trovammo il tempo e le risorse per organizzare un workshop pilota.
Coinvolgemmo sponsor per supportare le spese di logistica sul posto, ma grande parte la fece Fondazione Ariel spesando lo spostamento e la diaria dello Psicologo da Milano.
Nell’arco di alcuni mesi programmammo e portammo a termine la formazione di un gruppo di persone che potessero lavorare autonomamente su diverse piazze.
Nel frattempo avevo conosciuto Valentina Genitori D’Arrigo, la psicologa che non appena seppe delle finalità si attivò non solo per portare a buon fine il workshop pilota. Ma si attivò per trovare soluzioni perché il progetto non finisse lì come era successo ad altre esperienze in italia.
Abbiamo elaborato un metodo unico e personalizzato sulla nostra cultura filtrandolo da concetti troppo anglosassoni traendo spunto da i lavori di Kate Strohm e Don Meyer.
Il gruppo di pedagogiste insieme alla psicologa hanno perso notti intere a tradurre ed elaborare testi in inglese per creare un lavoro omogeneo e prontamente applicabile, sia nella metodologia che nei materiali.
Come è stata la reazione dei genitori nel recepire la cosa e il feedback finale, dopo che i loro figli hanno partecipato?
Come ogni lavoro orientato su chi non viene ritenuto “degno” di attenzioni particolari, il primo passo da parte delle famiglie, soprattutto sul piano della consapevolezza che il problema c’è ed ha dignità di attenzione, non è stato e non è facile.
Scalfire certe convinzioni in seno alle famiglie è lo scoglio più arduo, e solo la determinazione dei familiari fa sì che il progetto abbia efficacia.
Per prima cosa perché si devono portare i bambini fisicamente agli incontri, e ti assicuro che a volte la tentazione di utilizzare quel tempo da parte dei genitori sul versante “disabile” non sprecandolo sul “sano” è drammatica.
In seconda battuta perché se non si fanno dei passetti all’interno della propria quotidianità verso il cambiamento, tutto il lavoro effettuato all’interno dei laboratori rischia di essere sprecato.
Molti genitori si sono spaventati all’inizio immaginando che facessimo dei test ai bambini ( e che con questo volessimo scandagliare la loro situazione familiare) ed hanno avuto un sospiro di sollievo nello scoprire che i bambini sostanzialmente giocano all’interno dei gruppi.
Abbiamo assistito a cambiamenti nel modo di relazionarsi nei confronti dell’altro da parte dei piccoli partecipanti, stando però molto attenti a non creare aspettative troppo alte nelle famiglie.
Si tratta di un lavoro che darà i suoi frutti nel futuro e aspettarsi cambiamenti epocali subito può creare ulteriori frustrazioni nelle famiglie.
Ripeterete l'esperienza anche per il prossimo anno? Se sì, come devono fare i genitori per partecipare?
Siamo sufficientemente certi della prosecuzione del sostegno da parte del Rotary Club di Catania. Questo permette alle famiglie di poter usufruire delle attività in maniera assolutamente gratuita.
Abbiamo ricevuto il premio “Paul Harris Fellow” del Rotary International per il secondo anno consecutivo e tutto lascia presagire che nell’ambiente si sia creata la giusta sensibilità al problema.
I genitori devono contattare uno qualsiasi dei membri dell’equipe e in base alle caratteristiche sia di età che di esigenze organizzative potranno trovare spazio nei gruppi che mano a mano si succedono. Anche nel breve termine.
Dici che state lavorando ad una pubblicazione scientifica al riguardo, puoi anticipare qualcosa?
Abbiamo notato che le caratteristiche della patologia dei fratelli/sorelle influiscono anche nella relazione verso l’esterno dei bambini.
Sembrerebbe che con ragazzini che hanno familiari con gravi compromissioni motorie si sia più portati a sviluppare un senso di accudimento, mentre in ragazzi che all’apparenza non hanno nessuna disabilità ma che hanno delle “bizzarrie” nel comportamento, e mi riferisco a disagi psichici o sindromi autistiche, si evidenzi in maniera superiore un senso di aggressività.
Abbiamo riscontrato queste diversità e abbiamo provato anche a mischiarle tra di loro.
Naturalmente non possiamo lasciare queste cose al caso. Questo lavoro viene passato al vaglio con strumenti consoni e valutazioni cliniche. Così da creare statistiche e a portare il rischio di creare ulteriore disagio verso lo zero.
Non ci si deve dimenticare che si ha a che fare comunque con dei sentimenti, e che chi li prova magari non ha tutti gli strumenti verbali per esternarli.
Non possiamo rischiare di andare a tentoni procurando altro dolore e disagio.
Finora l'unico laboratorio di questo tipo in Italia l'avete realizzato voi, ma è un progetto davvero importante e necessario alle famiglie, se ci fosse un'altra o altre associazioni di altre regioni interessate ad attivare un laboratorio analogo, come dovrebbero fare? Puoi essere tu il trait-d'union?
Così come abbiamo formato le persone sul nostro territorio possiamo facilitare questa attività su altre piazze.
Basta contattare l’equipe e prendere accordi su tempistica e finalità.
È questione di buona volontà, e di capacità di mettersi in gioco.

Quindi chi voglia ulteriori informazioni può scrivere a : musicoterapista@gmail.com


(*) rappresentante per la Sicilia, musicoterapista, presidente dell'associazione Pigna d'Oro Onlus, fondatore di due gruppi su FB collegati ai GT e cioè:

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